PROCESSO AI 25 MANIFESTANTI - Le motivazioni

9.3 Il Blocco Nero - il percorso > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > 1 | 2 | 3

38. Le immagini dell’assalto al carcere di Marassi.
Il film reperto 25 [274] (da 00.01.00 a 00.08.00) mostra le fasi dell’attacco al carcere, le immagini sono riprese da Scalinata Montaldo.
I manifestanti dapprima attraversano il ponte tra via Bobbio, che è la prosecuzione di Via Canevari sulla riva destra del torrente Bisagno, e Piazzale Marassi sito davanti al carcere.
Sul piazzale si vedono schierati i militari agli ordini del Dr. SALVO.
A 003 in prima fila si vede il soggetto con il casco bianco e la maglietta verde senza maniche già visto in Piazza Paolo da Novi, davanti al Credito Italiano di Corso Buenos Aires e in altri punti dle percorso dei manifestanti del Blocco Nero.
Si nota il lancio di oggetti e di una bomba MOLOTOV (a 00.00.36) vengono lanciati oggetti contro i Carabinieri che si vedono salire sui veicoli, quindi un blindato si posiziona all’altezza del ponte.
A 00.01.27 il soggetto a sinistra, travisato con fazzoletto nero, vestito di nero, disegno bianco sulla maglia nera (frame 0033), scudo blu viene identificato in FA.
Questi prende parte attiva all’assalto facendo rotolare in avanti un contenitore verde per la raccolta del vetro (00.01.46) e lanciando oggetti (frames da 025 a 030).
Si notano anche il soggetto con il casco bianco e la maglietta verde senza maniche che si riporta all’altezza del passaggio pedonale e vicino a FA un soggetto con il kilt già visto durante l’assalto al San Paolo IMI.
I manifestanti fanno rotolare le campane e si dirigono verso i Carabinieri.
A 00.02.21 sulla destra si vede FA che è il terzo all’altezza del bidone azzurro si sta dirigendo verso il piazzale e tiene in mano lo scudo.
Sulla sinistra in alto sopra l’attraversamento pedonale si vede il soggetto con il casco bianco e la maglietta verde senza maniche.
A 00.02.26 FA si trova all’altezza dell’attraversamento pedonale, al braccio sinistro tiene lo scudo che lascia poco dopo (a 00.02.30) per poter meglio lanciare qualcosa contro i Carabinieri che stanno ripiegando (a 00.02.32): l’imputato è il secondo partendo dalla sinistra dopo il cartellone, si trova già sul piazzale a sinistra di alcuni arbusti.
Sull’attraversamento pedonale si vede A (00.02.57).
A 00.03.04 in basso a sinistra si vede CM riconoscibile per il casco blu con inserti più chiari, la maglietta verde, i fuseaux, gli scarponcini, viene ritratta alla sinistra di un soggetto con il casco bianco.
Le immagini successive mostrano l’assalto al blindato, il ripiegamento dei Carabinieri e l’inizio
dell’assalto alla struttura carceraria.
Si vedono alcuni soggetti dirigersi verso le vetrate e l’ingresso del carcere, il portone viene dato alle fiamme.
A 00.05.01 contro il carcere viene lanciata una seconda bomba MOLOTOV.
L’attacco dura alcuni minuti, quindi i manifestanti si portano verso scalinata Montaldo e a 00.06.53 si vede la Polizia Penitenziaria uscire dalla struttura e rioccupare il piazzale antistante il carcere.
I frame del reperto 25 [275] relativi all’imputato FA mostrano (001) questi di profilo sulla sinistra tra il semaforo e il palo della luce, mentre sulla destra si vede il soggetto con il casco bianco e la maglietta verde senza maniche.
Quindi (da 002 a 005) FA si trova all’altezza del semaforo e tiene in mano lo scudo già descritto più volte.
Davanti a lui si vede il soggetto con il kilt già ripreso durante l’assalto al San Paolo IMI.
Nel frame 0010 si vede FA all’altezza del bidone e si notano i particolari della scritta e del disegno sulla sua maglia.
Nei frame da 0011 a 0018 FA spinge il bidone verde della raccolta del vetro all’altezza dell’attraversamento pedonale, l’imputato agisce insieme ad altri manifestanti tra i quali il soggetto con il caco bianco e la maglietta verde senza maniche.
Nel frame 0019 FA è il terzo soggetto da sinistra all’altezza del bidone azzurro, sta correndo verso l’attraversamento pedonale posto alla fine del ponte, che raggiunge in breve (0021).
Nel frame 0024 FA è il secondo da sinistra, ha già oltrepassato il ponte a sinistra e nei frame da 0025 a 0029 si vede lo stesso imputato FA che lancia degli oggetti contro i Carabinieri e pertanto assume una posizione sbilanciata.
Nel frame 0030 al centro dell’immagine all’altezza dell’attraversamento pedonale si vede A, mentre FA è nella posizione delle immagini precedenti.
I frame 0032 e 0033 consentono di apprezzare il particolare del disegno bianco sulla maglia di FA.
Il frame 0034 mostra sulla sinistra A che sta effettuando un lancio, al centro all’altezza dell’attraversamento pedonale si vede FA, alla sua destra vicino al palo si nota il soggetto con felpa rossa, casco blu e pantaloni mimetici già ripreso in precedenza e nella parte bassa a destra sopra al marciapiede si vede CM che si trova vicino ad un soggetto con il casco bianco.
I frame da 0036 a 0044 mostrano ancora FA sulla destra oltre l’attraversamento pedonale e in possesso dello scudo, sulla sinistra delle immagini (da 0039 a 0041) si nota invece il soggetto A.
I frame del reperto 25 [276] relativi all’imputata CM.
La CM si vede già nel frame 0025 in basso a sinistra vicino al soggetto con il casco bianco, ma il frame 0034 consente di apprezzare meglio i particolari del suo abbigliamento: il maglione blu legato alla vita, la maglietta di colore verde, il casco blu con gli inserti più chiari, tiene in mano un bastone.
Il frame 0035 mostra ancora la CM e sulla destra un soggetto con felpa bianca con cappuccio e sulla schiena il disegno di una coda di balena.
Il frame 0036 ritrae a sinistra CM e il soggetto con il casco bianco e la maglia verde senza maniche già visto in precedenza.
Nei frame 0037 e 0038 si vedono i diversi soggetti avanzare sul marciapiede e nel frame 0042 sulla destra vicino al soggetto a torso nudo si vede ancora la CM.
Questa (0043) oltrepassa il soggetto a torso nudo e (0044) si trova al centro dell’immagine all’altezza del cartello, a fianco a lei il soggetto col casco bianco e la maglia verde senza maniche.
Il film reperto 164 244 [277] mostra l’assalto al carcere mentre i Carabinieri si allontanano, al centro del piazzale si vede A, quindi viene incendiato il portone centrale.
I frame di questo reperto [278] mostrano ancora A al centro (0028) e poi vicino ad un soggetto vestito di scuro e con un braccio alzato (0031).
Il film reperto 211 [279] mostra (a 00.24) A con un’asta in mano mentre insieme ad altri colpisce gli infissi del carcere insieme ad altri, A indossa il casco di tipo jet sottratto al negozio MOTOMIXER di via Canevari MOTOMIXER.
A 00.48 si nota l’incendio dei locali interni della struttura carceraria, si vede B dietro ad un soggetto con la felpa bianca, vi sono poi lanci di MOLOTOV contro il carcere e le telecamere esterne vengono distrutte.
I frame del reperto 211 [280] mostrano le fiamme sul portone del carcere (da 001 a 004).
Sulla sinistra si vede A che con una grossa asta colpisce gli infissi del carcere e le vetrate, a destra con un casco nero ed un passamontagna rosso si vede un soggetto già ripreso in piazza Paolo da Novi e negli scontri di Piazza Tommaseo e che si vedrà in seguito anche durante gli scontri a margine del corteo dei DISOBBEDIENTI.
Il frame 007 mostra le fiamme alle finestre del carcere, si nota B e vicino a lui si vede il soggetto con casco nero e passamontagna rosso di cui sopra.
I frame da 0011 a 0013 mostrano ancora A, B ed altri soggetti già visti, il frame 0014 ritrae le finestre del primo piano incendiate.
In atti vi sono alcuni reperti fotografici relativi a questa fase:
il reperto 88DEXT32SRX [281] mostra il soggetto A con una grossa asta in mano all’altezza della terza finestra da sinistra;
il reperto 105 foto 21 ritrae A con in mano una grossa asta;
il reperto 100 2007 048 [282] ritrae A e B mentre stanno danneggiando la finestra;
il reperto 65F Olympia 0161 [283] mostra A con il casco;
nel reperto 100 27 046 [284] si nota il particolare del nuovo casco di A e sullo sfondo gli uffici del carcere in fiamme;
il reperto 100 207 044 [285] ritrae A con l’estintore in mano mentre si trova vicino ad altri manifestanti del Blocco Nero.
In questa immagine va notato il soggetto sulla destra con la sciarpa granata e il casco rosso con frontale scuro che ricomparirà durante l’attacco al DEFENDER in Piazza Alimonda;
il reperto 100 207 047 [286] ritrae vicino ad A il soggetto con la maglia nera disegno bianco e bottiglia in mano già visto in Piazza da Novi e poi durante gli scontri in Piazza Tommaseo, questi comparirà nuovamente in via Tolemaide durante gli scontri a margine degli scontri interessanti il corteo dei DISOBBEDIENTI.
Per quanto concerne le condotte di CM durante l’assalto al carcere oltre al reperto 25 frame da 0025 a 0044 di cui sopra rileva il reperto 88D-I_7v [287] nel quale l’imputata è ritratta mentre si sta allontanando dal portone del carcere ormai in fiamme.
Questa è la foto nella quale l’Isp. CAVALLI della DIGOS di Milano ha riconosciuto l’imputata.
La CM è riconoscibile tra l’altro per il casco blu con inserti gialli, la maglietta verde, i fuseaux appena sotto il ginocchio, gli scarponcini, la mascherina sotto il volto, il marsupio nero con bordi grigi (in seguito sequestrato dalla P.G.), un nastro di carta adesiva sulla sua destra, il maglione blu legato in vita, un Kway portato raccolto alla cintola e sulla mano sinistra un guanto ignifugo.
Sulla destra si vede un soggetto già ritratto in via Canevari con la maglia bianca, un cappellino rosso ed una bottiglia in mano.



Il reperto 70F-G8GENOVA-40G [288] mostra CM di profilo mentre si allontana dal portone del carcere in fiamme: si notano il casco, i fuseaux, il guanto ignifugo alla mano sinistra, la mascherina sulla spalla, la felpa in vita e le scarpe scure.

39. Le deposizioni testimoniali inerenti l’assalto al carcere di Marassi.
Angelo Gabriele MANES, Direttore della Casa Circondariale di Genova Marassi, ha ricordato come nel primo pomeriggio del 20 luglio era stato notato al di là del Bisagno un gruppo di persone che si dirigeva verso la scalinata Montaldo.
Da questo gruppo si erano staccati alcuni che avevano attraversato il ponte ed iniziato a lanciare bottiglie e pietre contro i Carabinieri che presidiavano l’ingresso del carcere, questi ultimi avevano risposto con il lancio di alcuni lacrimogeni, ma subito dopo avevano dovuto abbandonare la propria posizione ed allontanarsi con i propri veicoli.
Gli aggressori erano cresciuti di numero ed avevano assalito direttamente l’istituto di pena incendiandone il portone principale che era stato chiuso per precauzione, un secondo portoncino venne invece assalito solo con le spranghe.
I manifestanti ruppero con un palo una finestra dell’ufficio ragioneria sito al piano terra, venne lanciata una molotov che esplose e lasciò dei segni sul muro, come se avesse contenuto dei chiodi.
L’alloggio del Direttore, sito al primo piano venne fatto oggetto di lanci di pietre che distrussero completamente i vetri delle sue finestre.
Inoltre vennero danneggiati il vetro della porta carraia, qualche telecamera e la targa esterna dell’istituto.
Nei locali al piano terra vi furono dei principi di incendio, gli Agenti spensero con gli estintori le fiamme all’interno degli uffici.
Anche l’auto del comandante, parcheggiata nel cortile, subì dei danni.
L’assalto al carcere non era stato previsto ed è stato il primo a cui il teste ha assistito personalmente, si trattava di una situazione potenzialmente pericolosa, ciononostante gli Agenti non ebbero ordine di sparare e non lo fecero.
L’attenzione di tutti era diretta ad evitare che all’interno del carcere si svolgessero delle intemperanze o manifestazioni di appoggio all’assalto esterno.
All’inizio gli aggressori erano circa una decina, ma poi erano aumentati.
A causa dei lanci e del fuoco il personale dell’istituto dovette allontanarsi dai locali posti sulla facciata ed aveva pertanto difficoltà a stabilire il numero esatto degli aggressori.
Infine i manifestanti si erano allontanati, ma il teste non era in grado di stabilirne il motivo, né se tale allontanamento potesse essere dovuto al ritorno dei Carabinieri del presidio.
In previsione del G8 il carcere era stato sgombrato in parte mediante lo sfollamento di circa cento detenuti, non era destinato a ricevere eventuali arrestati a seguito delle manifestazioni contro il vertice e il suo personale doveva limitarsi a gestire la sicurezza interna.
Il teste si sentiva però tutelato all’interno dell’istituto perché sarebbe stato comunque difficile per i manifestanti penetrarvi.
I testi Antonio CHESSA e Luigi PARENTE, rispettivamente Comandante e Vice Comandante degli Agenti di Polizia Penitenziaria della casa Circondariale di Marassi, hanno ricostruito l’attacco in termini analoghi a quelli del teste MANES.
Quando nella tarda mattinata vide le persone che transitavano oltre il fiume su via Canevari di fronte al carcere CHESSA ebbe un contatto con l’ufficiale della Polizia di Stato che dirigeva le pattuglie all’esterno del carcere, informandosi sulla possibile sopravvenienza di problemi legati a quei gruppi.
La risposta era stata che non erano previste manifestazioni nelle vicinanze del carcere, però il numero di quelle persone era aumentato e il teste aveva ritenuto necessario rinforzare la guardia all’istituto.
Al personale del carcere non venne comunicata alcuna situazione di preallarme.
Dopo circa tre quarti d’ora il Commissario all’esterno aveva invitato la Polizia Penitenziaria a chiudere il portone centrale del carcere e poi CHESSA era salito sul muro di cinta ed aveva visto un numero esiguo di persone che attraversava il ponte e veniva verso le camionette dei Carabinieri spostando i bidoni della spazzatura e lanciando oggetti.
I lacrimogeni lanciati dai Carabinieri venivano ributtati indietro, il numero degli aggressori aumentava progressivamente, questi si dirigevano verso il piazzale antistante il carcere, la maggior parte di loro era vestita di scuro, alcuni erano anche a volto coperto.
CHESSA scese per dare degli ordini e andare in armeria dove insieme a PARENTE prelevò del materiale necessario a rinforzare il muro di cinta, quando risalì le camionette dei CC non c’erano più e i manifestanti stavano attaccando l’istituto con delle pietre, in particolare ne vide uno che spingeva un carrello del supermercato carico di sassi.
Oltre ai corpi contundenti contro il portone e le finestre degli uffici venivano lanciate bombe incendiarie, il portone principale aveva preso fuoco, uno secondario era stato sfondato.
CHESSA fece affluire personale armato sul muro di cinta e allora gli aggressori si ritirarono alcuni verso la scalinata, altri verso Brignole.
Quando infine gli Agenti uscirono sul piazzale non c’era più nessuno.
Gli assalitori del carcere erano circa 25/30, ma CHESSA non era sicuro sul numero dato che il muro di cinta non consentiva una visuale completa sullo spiazzo davanti alla facciata dell’istituto.
La parte culminante dell’attacco con il lancio delle molotov era durata 5 o 6 minuti, l’intero attacco era stato violento e rapido.
Durante l’attacco CHESSA aveva chiesto rinforzi al Commissariato di zona che aveva risposto come questi fossero bloccati in Corso Sardegna da altre manifestazioni e non potevano raggiungere la zona del carcere.
Il personale non aveva fatto uso delle armi in dotazione, ma la semplice presenza di personale armato sul muro di cinta aveva finito per dissuadere gli assalitori che si ritiravano.
Dopo circa un quarto d’ora da quando gli Agenti erano usciti sul piazzale erano ritornati i Carabinieri del presidio con i loro blindati.
Il Commissario dirigente del contingente dei Carabinieri del presidio disse a CHESSA che si erano allontanati per prestare altri servizi.
Tutte le finestre al piano terra vennero rotte e così anche quelle al piano primo.
Il teste Roberto SALVO, Commissario Capo della Polizia di Stato, come si è visto era responsabile della vigilanza esterna presso la casa Circondariale di Marassi, considerato un obiettivo sensibile, con turno dalle 13 alle 19.
Alle proprie dipendenze il teste aveva venti Carabinieri comandati dal ten. COALIZZI ed altri diciannove militari che si erano trattenuti al termine del turno precedente.
Alle 14.30 SALVO notava provenire da Via Canevari e dal ponte sul Bisagno una grossa massa di soggetti vestiti di nero, caschi neri, foulard sul volto, in teste c’erano bandiere e tamburi che suonavano una marcia.
Il gruppo uscì da dietro l’angolo della scuola FIRPO e andava verso la scalinata sita di fronte al carcere diventando sempre più folto, il teste stimò circa un migliaio di partecipanti e avvertì la Sala Operativa chiedendo dei rinforzi, c’erano difficoltà nelle comunicazioni perché molti reparti comunicavano contemporaneamente.
Una buona parte del gruppo salì la scalinata ma un centinaio di persone si distaccò dagli altri e si avvicinò al carcere cominciando a correre verso i Carabinieri, che erano in organico ritenuto del tutto insufficiente ad opporre una valida resistenza.
Gli assalitori erano armati di spranghe e trascinavano dei cassonetti dell’immondizia, i Carabinieri vennero fatti oggetto di ripetuti lanci di pietre e di bottiglie di vetro prese dalle campane.
SALVO fece lanciare dei lacrimogeni dai lanciatori posizionati sui veicoli, ma gli assalitori aumentavano, da circa cento a circa trecento e divennero sempre più aggressivi, arrivando sempre più a ridosso del contingente e lanciandogli contro anche delle bottiglie incendiarie.
Contemporaneamente altri dimostranti occupavano un secondo ponte a monte e vi bloccavano una possibile via di fuga dei militari.
Poiché i rinforzi non arrivavano il teste diede l’ordine di salire sui veicoli, fece compiere ai mezzi delle manovre sul piazzale sparando ancora qualche artifizio lacrimogeno, infine i militari si allontanarono verso monte fermandosi poco oltre il ponte dove aveva visto i manifestanti, luogo non molto lontano dal carcere ma al di fuori della portata visiva di questo.
Erano passati circa dieci minuti dal momento in cui il teste aveva visto arrivare i primi manifestanti, il contingente non riportò feriti ma solo alcuni danni ai veicoli.
Il carcere venne assalito e danneggiato, quindi gli assalitori si allontanarono e all’arrivo dei rinforzi, guidati da Gamma 19 davanti al carcere non c’era più nessuno.
Sentito ciò il teste e i Carabinieri ai suoi ordini tornarono davanti al carcere dove ripresero il loro servizio.
Durante il confronto con i manifestanti SALVO vide personalmente il lancio di molotov contro i Carabinieri, una finì sugli scudi e poi caduta a terra prese fuoco.
Dopo il ritorno sul piazzale del carcere il teste vide una fiumana di persone che scendeva dalla scalinata, avevano le mani alzate e si dimostravano pacifici.
Preso atto delle comunicazioni tra lui e la Sala Operativa del pomeriggio del 20 luglio il Dr. SALVO confermava che quando alle 14.46 comunicava l’arretramento del contingente in realtà si era già allontanato dal carcere portandosi in posizione defilata.
Quindi alle 15.17 aveva chiesto alla Sala Operativa se intorno al carcere ci fossero ancora gruppi antagonisti e avuta risposta negativa ritornò al luogo del presidio.
Giuseppe COALIZZI era all’epoca dei fatti Tenente dell’Arma dei Carabinieri comandato in servizio di vigilanza davanti al carcere di Marassi con turno dalle 13 alle 19 in sottordine al Dr. SALVO.
Quel pomeriggio il Comando Provinciale aveva deciso, a causa dei numerosi scontri in atto nella città, che il contingente smontante rimanesse a guardia del carcere insieme a quello subentrante, quindi in totale erano presenti trentasette Carabinieri, tra i quali sei autisti, due ufficiali, il funzionario di P.S. e il suo autista.
Il contingente aveva a propria disposizione sei veicoli: due furgoni Turbo Daily, due OP 5912 blindati e due DEFENDER ed era posizionato vicino ad un angolo del carcere a breve distanza dal ponte sul Bisagno.
COALIZZI ha ricordato le fasi dell’assalto al carcere in termini analoghi a quelli del teste SALVO definendo folto il gruppo di persone travisate che impegnò il ponte dirigendosi verso i militari, questi ultimi vennero fatti oggetto di un fitto lancio di sampietrini e di bottiglie alcune anche incendiarie.
Tra gli immediati assalitori e quelli che, da dietro, lanciavano contro i militari il teste aveva stimato un numero di circa cento, centocinquanta persone.
I Carabinieri risposero con il lancio di venticinque lacrimogeni, dei quaranta che avevano, ma questi non ebbero l’effetto dissuasivo sperato: alcuni non si aprirono, inoltre uno dei due fucili lanciatori si guastò.
I militari vennero investiti da una vera pioggia di oggetti, tanti erano i lanciatori dall’altra parte.
Il teste ha ricordato anche il lancio di una bomba incendiaria che esplose proprio davanti a lui ed ha poi indicato questo episodio nelle immagini del filmato reperto 25 (a 01.37).
Pertanto, considerata la criticità della situazione e sapendo che non avrebbero ricevuto rinforzi gli ufficiali ed il funzionario informarono la Sala Operativa e si allontanarono lungo il fiume verso monte in Via Amandoli, mentre i manifestanti continuavano ad avanzare.
Questa fase fino alla ritirata durò tra i dieci ed i quindici minuti circa.
Una volta tornati davanti al carcere, quando ormai non vi erano più manifestanti i Carabinieri dovettero sgombrare i cassonetti dalla strada.
Sul piazzale c’era una folta presenza di appartenenti alla Polizia Penitenziaria e si notavano danni alla struttura del carcere, il portone era annerito da una fiammata, i vetri delle finestre erano rotti, a terra c’erano bottiglie e sassi.
Il teste ha ricordato come uno dei due OP 5912 blindati presentava un foro del diametro di 2 cm. nella parte superiore lato destro dove la corazza era semiblindata.
Cinque mezzi su sei presentavano varie ammaccature sui fianchi dovute ad impatti con corpi contundenti di un certo peso, altri danni erano su altre parti dei veicoli.
Il teste si diceva sicuro del fatto che non era previsto l’arrivo di rinforzi e non a conoscenza che invece verso le 14.30 un contingente di circa cento Agenti era partito dalla Questura per raggiungere il carcere.
Al momento di ritirarsi il rapporto di forze tra Carabinieri e manifestanti era di 1 a 5, ed era ritenuto inaccettabile.
L’ordine di servizio dei Carabinieri non prevedeva la difesa del carcere a tutti i costi, così ripiegarono in attesa di ritornare a presidiare la zona eventualmente con l’ausilio di altri contingenti.
Poco prima dell’attacco dei facinorosi nella zona erano presenti anche degli Agenti di Polizia Municipale, ma il teste non ricordava in quale momento questi si fossero poi allontanati.
A causa del casco indossato non avvertì neppure il rumore dell’elicottero che sorvolava la città.
I testi AMADORI e PREVE hanno seguito l’assalto al carcere da lontano: dalla scalinata Montaldo (AMADORI) e dalle biglietterie dello stadio, cioè a metà strada tra il carcere e il fiume (PREVE).
Gli assalitori erano dei Black Block, travisati di nero, lanciavano pietre, bombe MOLOTOV, uno aggredì la targa del carcere con una mazzetta.
Sulla scalinata vi erano cori di incitamento definiti “da stadio”.
Quando i veicoli dei Carabinieri si allontanarono PREVE vide alcune decine di persone avvicinarsi al carcere, che però venne concretamente raggiunto solo da circa una dozzina di manifestanti.
L’assalto era sembrato “serio”, ma non si vedevano reazioni da parte di chi si trovava all’interno dell’istituto carcerario.
Il tutto durò una manciata di minuti quindi, mentre da Via Canevari stava arrivando un contingente, il gruppetto di assalitori tornò indietro e si compattò con quelli rimasti sulla scalinata.
AMADORI venne a quel punto richiesto da un gruppo di ragazzi di Zurigo circa la direzione per raggiungere la Zona Rossa, sembrava che il gruppo volesse prendere questa dall’alto, cioè da Castelletto approfittando della minore protezione di Polizia che probabilmente vi era da quella parte.

40. A questo punto i manifestanti guidati dai TAMBURINI risalgono scalinata Montaldo raggiungendo l’omonima via, quindi attraverso Largo Giardini si portano in Piazza Manin, dove si trova una manifestazione o piazza tematica organizzata da gruppi (Rete Lilliput, Legambiente, Marcia delle Donne e Rete ControG8) aderenti al Genoa Social Forum, pacifisti con i palmi delle mani dipinte di bianco che hanno organizzato alcune bancarelle ed un concerto.
Qui a seguito del Blocco Nero arriva verso le 15.10 il contingente di Polizia diretto da GAMMA 19, cioè il Dr. Salvatore PAGLIAZZO BONANNO che compie il lancio di lacrimogeni e procede ad una carica.
I manifestanti del Blocco Nero si sono però già allontanati verso le strade che formano Circonvallazione a monte.
Tra i manifestanti si nota la presenza di CM.

41 Le immagini del passaggio dei manifestanti del Blocco Nero in Piazza Manin e del successivo intervento delle Forze di Polizia.
Il film contenuto nel DVD della Polizia Municipale [289] raffigura dapprima il gruppo dei TAMBURINI che raggiunge la zona di Largo Giardini.
All’inizio del filmato (a 00.00) si nota un soggetto con felpa bianca e pantaloni rossi già visto in Piazza Giusti e nell’assalto all’Ag. 14 del CI in Corso Sardegna, dietro ai TAMBURINI si vedono i componenti del Blocco Nero.
A 00.48 il filmato mostra l’accesso di queste persone in Largo Giardini e l’orario delle 15 circa appare attendibile se confrontato con altri dati, quali quelli relativi al successivo intervento della Polizia.
A 01.17 si vedono i TAMBURINI esibirsi in Piazza Manin, le loro bandiere sono nere con dei simboli color viola che rappresentano organi del corpo umano: cuore, fegato, polmoni.
Il reperto 70HOGH4ZMS mostra ancora l’esibizione dei TAMBURINI in Piazza Manin.
In questo momento due telefonate rispettivamente delle ore 14.46.43 e delle ore 14.59.42 [290] segnalano al 113 il passaggio ed i danneggiamenti da parte dei manifestanti del Blocco Nero in scalinata Montaldo, indicando che si tratta di “quelli che vengono dallo stadio” di Marassi e poi in Largo Giardini dove hanno buttato a terra i cassonetti incendiandone uno.
L’orario delle telefonate coincide con quello del film di cui sopra.
Il film reperto 25A [291] mostra dapprima lo sbocco di Scalinata Montaldo su via Montaldo, i manifestanti sono saliti dunque tramite la scalinata.
A 00.12 si vede CM con l’abbigliamento già descritto e il bastone in mano, al centro (a 00.25) all’altezza della linea continua si nota il soggetto con il kilt già visto durante l’assalto al San Paolo IMI ag. 14 di via Canevari e poi spingere i cassonetti durante l’assalto al carcere, a destra si nota il soggetto B.
Sull’estrema sinistra si vede il soggetto C con il casco arancione (a 00.26) e poi (a 00.39) ancora il soggetto con il kilt.
I frame da 5 a 11 del reperto 25 [292] mostrano i dettagli delle figure di cui sopra: la CM (005) visto dall’alto, si nota il rotolo di scotch sul lato destro (006), il bastone con l’impugnatura bianca, il guanto ignifugo e il marsupio in vita con i particolari grigi (007).
Un marsupio identico sarà sequestrato all’imputata al momento del suo arresto.
Nei frame da 008 a 0011 si vede ancora la CM che risale Via Montaldo seguendo il percorso del Blocco Nero e dei TAMBURINI.
La foto reperto 65D G810 [293] mostra i manifestanti del Blocco Nero in Piazza Manin, si nota l’insegna di un distributore ESSO da loro danneggiata.
Alle 15.01.22 un privato segnala al 113 [294] i danni, tra cui alcuni incendi, arrecati dagli “anarchici” anche in Piazza Manin, indicando il numero dei manifestanti in circa quattrocento.
La Sala Operativa poco dopo ordina a Gamma 19 [295] di recarsi in Piazza Manin, questi alle ore 15.11.54 [296] sale attraverso Corso Montegrappa e alle 15.16.13 [297] comunica di aver raggiunto la piazza, dove ha dovuto fare uso di lacrimogeni, la Centralo lo invita allora a fermarsi e ad operare degli arresti.
Nella foto reperto 186_1_0037 [298] si vede la Polizia (contingente diretto dal Dr. PAGLIAZZO BONANNO) far uso di lacrimogeni in Piazza Manin, sullo sfondo tra i manifestanti si nota il soggetto con il casco nero e la maglia nera munita di disegno nella parte anteriore già ripreso durante l’assalto al carcere, e prima ancora in piazza Paolo da Novi e sulle barricate di Piazza Tommaseo.
Davanti a questi si vede il soggetto con il casco bianco e la maglietta verde senza maniche già visto con il Blocco Nero: si tratta di persone che, anche insieme ad alcuni imputati, hanno seguito il medesimo percorso.
Il filmato reperto 192-17-1 [299] mostra (a 00.05) sullo sfondo a sinistra l’insegna del distributore ESSO mentre davanti alla telecamera passa CM.
L’imputata è ben visibile nei frame [300] di questo reperto sulla sinistra (frame 001 e 002) mentre nei frame da 003 a 005 si notano i particolari del casco.

42. Le deposizioni concernenti gli episodi avvenuti in Piazza Manin.
Il teste AMADORI ha ricordato come in cima alla scalinata uno o due tra i TAMBURINI, persone ben identificabili come leader, erano andati avanti a vedere la strada, quindi tornarono indietro per dare indicazioni al gruppo che aspettava e che a questo punto proseguì verso Piazza Manin.
Qui il teste arrivò dopo che si erano già verificati gli scontri tra i Black Block ed i pacifisti, cioè quelli con le maglie bianche o Blocco Rosa.
I pacifisti volevano bloccare la strada verso la Zona Rossa mentre le tute nere volevano dapprima scendere per Via Assarotti e prendere la zona protetta dall’alto.
I Black Block riuscirono a superare il blocco dei pacifisti e si diressero infine verso via Armellini e Circonvallazione a monte, dove il teste vide erigere delle barricate e bruciare più auto che nel resto della giornata.
Al momento del suo arrivo in Piazza Manin il teste poté osservare un momento di pausa, c’era della musica, i manifestanti violenti si organizzavano per proseguire la guerriglia e decidevano la direzione da prendere, il teste riconobbe i TAMBURINI, la guida genovese e il leader tedesco, biondo che aveva impedito l’assalto alla macelleria.
La consistenza del gruppo dei Black Block a questo punto era minima, circa 50 persone, peraltro piuttosto accaniti.
Anche Marco PREVE seguì i manifestanti del Blocco Nero lungo la scalinata e fino a Piazza Manin, percorso compiuto in pochi minuti, il gruppo si era assottigliato e nella piazza entrò in contatto con i pacifisti della Rete Lilliput.
Questi avevano eretto un palco da cui veniva diffusa della musica ed avevano rivolto insulti e rimproveri ai Black Block al momento del loro arrivo, invitandoli ad andarsene.
Il grosso delle tute nere si era diretto così verso Via Armellini mentre la piazza aveva ripreso le proprie attività pacifiste.
PREVE aveva rivisto il gruppo dei TAMBURINI seduti sul marciapiede in cima a Via Assarotti mentre si riposavano, provando anche a parlare con loro in inglese.
Dopo circa 10 minuti era arrivata la carica della Polizia e il teste era scappato insieme ad un collega.
A questo punto in quella piazza il corteo delle tute nere non esisteva più, quelli rimasti si erano mescolati agli altri manifestanti, cambiandosi le magliette e togliendosi il travisamento.
Le attività svolte in Piazza Manin erano del tutto pacifiche, c’erano delle bancarelle, un palco con il concertino, l’età media dei manifestanti era più alta, c’erano degli adulti ed anche persone della terza età con dei bambini, tutti vestiti con delle magliette bianche, non ricordava particolari danni alle strutture della piazza.
Improvvisamente da Via Arecco e poi anche dal centro arrivarono dei lacrimogeni che avevano provocato lo spostamento delle persone presenti.
Il teste viene sospinto con altre persone verso Via Assarotti, c’era gente con le mani alzate, il cordone della Celere che scendeva, si staccava qualche poliziotto e manganellava le persone con le mani alzate, il teste ricorda persone cadute a terra e definiva la situazione come difficilmente gestibile.
Le persone scappavano, chi non era abbastanza stato svelto le buscava.
PREVE ricordava che la carica della Polizia era avvenuta in una situazione assolutamente “a freddo”, tranquilla senza l’attualità di scontri o danneggiamenti.
Non ebbe modo di notare episodi di resistenza ai danni della Polizia.
Notò un gruppo di veneti che stavano in piedi, appoggiati ad un muro e con le mani alzate, questi vennero picchiati a freddo senza alcun previo avvertimento da parte degli Agenti.
Il teste sfuggì alla carica per ritornare nella piazza poco dopo, quando trovò una situazione di “dopo carica”: la cosa era finita e non vi era più una presenza massiccia della Polizia, c’erano alcune persone ferite dalle manganellate che aspettavano i soccorsi e che non si trovavano in stato di arresto.
Ricorda pertanto l’intervento di infermieri e ambulanze.
Neppure in questo momento vide episodi di resistenza.
Dopo il termine della carica il teste era tornato in redazione a scrivere percorrendo Via Armellini e Corso Solferino dove c’erano degli incendi, quindi Via Palestro e Via Mameli dove vide delle auto danneggiate ed una incendiata.
Notò un via vai di persone di tutti i generi ma non riuscì ad individuare gruppi di veri e propri Black Block.
Sopra di loro si sentivano roteare le pale dell’elicottero.
Il teste ha notato conclusivamente che durante il proprio percorso il gruppo dei Black Block non venne mai contrastato dalle Forze dell’Ordine.
Nella prima parte, cioè fino a Piazza Tommaseo e a Corso Gastaldi i manifestanti sembravano essere in prevalenza stranieri,poi aveva notato anche la presenza di italiani.
In nessuna occasione vide i TAMBURINI sollecitare o guidare una carica, essi costituivano un elemento folcloristico.
Durante le manifestazioni la teste della difesa NC prestava servizio volontario quale medico per il Genoa Social Forum e quel venerdì a fine mattinata si unì al corteo che da Piazza Manin era diretto a Piazza Corvetto.
A Manin i manifestanti avevano organizzato dei banchetti divulgativi, si trattava di una delle piazze più tranquille tra quelle delle manifestazioni.
Il corteo era formato dagli scout, dalla Lega Ambiente e dal WWF, era “autorizzato” e si mosse lentamente verso piazza Corvetto dove c’erano le grate a protezione della ZONA ROSSA, il gruppo dei sanitari era alla testa.
In quell’occasione non vi furono scontri di sorta.
Solo più tardi verso piazza Marsala ci fu il lancio di alcuni lacrimogeni ma senza scontri fisici e i sanitari intervennero in relazione ai malesseri provocati dai gas.
La teste ed i suoi colleghi erano in collegamento telefonico con un Centro di Coordinamento Sanitario che nel primo pomeriggio tra le 14.30 e le 15 li chiamò in Piazza Manin dove c’erano molti feriti a seguito di una carica delle Forze dell’Ordine.
Da Piazza Marsala la teste risalì salita San Rocchino, raggiunse Circonvallazione a Monte all’altezza di Corso Magenta e dell’ospedale Evangelico, quindi si fermò in una piazzetta dove vi erano dei feriti.
Ricordava in particolare una coppia i giovani francesi il ragazzo francese presentava una ferita lacero contusa alla testa e al volto e sanguinava copiosamente (la teste lo ha riconosciuto nelle immagini del reperto 192.21 [301] a minuti 17.11), mentre la ragazza era in condizioni migliori.
Il giovane disse di essere stato ferito dagli Agenti, venne soccorso e fatto salire su di un’ambulanza.
Quindi la teste aveva proseguito verso Piazza Manin dove non incontrò la Polizia ma solo persone estremamente spaventate per i precedenti scontri, qualcuno era a terra, nessuno in quel momento appariva ferito gravemente, perché i feriti più gravi erano già stati portati via.
Le ferite riscontrate consistevano in contusioni agli arti superiori e al capo.
I feriti erano soprattutto donne, neppure giovanissime.
La teste ricordava in articolare una pediatra, MS di Trieste ed una parlamentare, entrambe di circa 60 anni, ferite al capo.
La teste soccorse la pediatra che presentava una ferita piuttosto estesa al capo che sul posto non poté essere suturata ma solamente fasciata.
Un’altra donna presentava un dito rotto.
Tutte indicarono la causa delle lesioni in percosse ricevute da Agenti di Polizia durante la carica.
Nella foto reperto 137 foto 65D G8 30 [302] la teste ha riconosciuto la MS china su di un ferito, precisando peraltro di non aver assistito direttamente a questa scena.
Nell’immagine comunque si poteva apprezzare, oltre al sangue nei capelli, la ferita parietale della donna, che venne riscontrata essere lunga circa 9 cm.
Il film reperto 137 da minuti 17.10 [303] la teste ha riconosciuto nuovamente la MS con la fasciatura che lei stessa aveva fatto.
Sulla piazza c’erano altri due medici e degli infermieri che soccorsero una ventina di feriti per contusioni al capo e agli arti superiori.
La MS disse con precisione che si era trovata in mezzo ad una carica della Polizia che inseguiva dei manifestanti, lei ed altri erano seduti in modo pacifico, con le bandiere della PACE e le mani dipinte di bianco e alzate, ricevettero comunque dei colpi.
La MS spiegò di essere stata ferita dai colpi degli Agenti [304].
Quindi verso le 16 o 16.30 la teste ed i colleghi vennero inviati a prestare la propria opera in Corso Gastaldi.

43. Incalzati dalla Polizia i manifestanti del Blocco Nero si dirigono verso circonvallazione a monte, seguendo Corso Armellini e Corso Solferino.
Durante il percorso danneggiano e incendiano diverse auto, tra cui la Mercedes tg. AG204SD di proprietà di ARNONE Giovanni, la Rover tg BF104F di DI MARIA Emilio, incendiata davanti all’ospedale Evangelico.
Tra i manifestanti si riconoscono i soggetti A e B ed altri già individuati in precedenza.
Il filmato contenuto nel DVD della Polizia Municipale (parte 1 pulsante 4 da 02.18 a 03.37 [305]) indica un orario, attorno alle 15.30, che appare attendibile perché confermato da alcune comunicazioni ricevute dalla Sala Operativa della Questura.
Infatti alle 15.29.35 [306] un cittadino informa il 113 che i manifestanti stanno scendendo in via Palestro attraverso uno scalone.
Alle 15.33.13 [307] un altro cittadino segnala l’incendio dell’auto davanti all’ospedale Evangelico, si tratta della Rover di Di Maria Emilio.
Alle ore 15.38.24 [308] viene segnalato alla Sala Operativa un folto gruppo di manifestanti muniti anche di bottiglie incendiarie su Piazza Corvetto da Via Palestro, nonché incendi in Piazza Marsala.
Il filmato (reperto 192.17) viene girato da Corso Armellini verso Piazza Manin: nella piazza si vedono i manifestanti del Blocco Nero attaccati con i lacrimogeni dalla Polizia che si trova oltre il portico sullo sfondo.
A 02.12 si vede passare di corsa da sinistra verso destra CM, riconoscibile per il casco blu elettrico e la maglietta verde, tiene un bastone in una mano e si ripara il viso con l’altra.
A 02.29 si nota al centro il soggetto con casco bianco e maglia verde senza maniche già visto da Piazza Paolo da Novi in poi; sulla sinistra si vede B con una mazza in mano, il casco blu con un adesivo, insieme ad altri sono incalzati dalla Polizia che sta avanzando in Corso Armellini.
A 02.51 il secondo da sinistra è il soggetto con pantaloni rossi, Kway bianco e casco nero già visto in precedenza.
In questo contesto vengono incendiate le auto di cui si è detto e le immagini mostrano l’incendio della Rover.
Le immagini di questo reperto riprendono poi i danneggiamenti in Corso Armellini dove alcuni cassonetti vengono posti in mezzo alla strada.
Questa attività si può osservare anche nel reperto 135 131350121 R.G, in particolare si vedono i manifestanti che posizionano alcuni cassonetti sulla strada.
Si riconoscono A (il secondo da destra), il soggetto con pantaloni rossi e Kway bianco e casco nero (al centro), il soggetto con pantaloni mimetici, felpa rossa e casco blu con segno rosso, quindi a sinistra si vede B accucciato.
A destra di A si può notare un soggetto travisato con un Kefir bianco e nero che è ritratto anche nella foto reperto 104 F foto 005 [309] che riguarda specificamente il danneggiamento della Mercedes di ARNONE Giovanni.
Il film del reperto 164 099 [310] mostra gli scontri in Corso Armellini.
A 00.16 si vede al centro A e si individua anche il soggetto con pantaloni rossi, Kway bianco e casco nero.
A 00.20 il secondo da destra davanti all’auto rossa è il soggetto con il casco bianco e la maglia verde senza maniche già visto in precedenza.
I frame di questo reperto 164 099 [311] mostrano A che (001 e 002) è il primo da sinistra dietro ad una persona con la felpa nera, A tiene in mano un bastone.
A destra si vede il soggetto con il Kway bianco ed i pantaloni rossi.
Nel frame 003 si notano A e all’estrema destra si vede il soggetto con il casco bianco e la maglietta verde senza maniche.
Nei frame 004 e 005 si vedono ancora A ed il soggetto con i pantaloni rossi , il Kway bianco ed il casco nero.

45. I manifestanti sempre accompagnati dai TAMBURINI discendono Via Palestro in direzione di Piazza Marsala e della Zona Rossa.
In quest’area vengono incendiate due Mercedes una tg GE D01359 della ditta VISUAL, la seconda tg F0735474 di proprietà di PEZZI Nicola, vengono danneggiati un motoveicolo tg AH88157 di Marco DI SOMMA, la Fiat Uno tg CR 365504 di Bianca DIMEO ed il civico 18 di Via Palestro.
Quindi i manifestanti si spostano in Via Goito, raggiunta attraverso passo Gorini, per poi risalire in Circonvallazione a Monte attraverso le vicine Via Pastrengo e Via Mameli.
In questa fase si riconoscono la CM, i soggetti A, B, C ed altri soggetti già visti insieme a loro durante il percorso del Blocco Nero.
In Via Mameli i manifestanti incendiano l’auto tg SV 438950 di BACHIS Nadia [312].
Queste condotte avvengono intorno alle 15.45, 16.00.
Infine i manifestanti che tornano indietro percorrendo Via Solferino e Via Arecco in direzione del quartiere di San Fruttuoso.

46. Le immagini relative all’attacco alla Zona Rossa proveniente da Circonvallazione a Monte.
Il film reperto 192-17 TPO [313] mostra innanzitutto (a 00.02) il soggetto con casco bianco e maglia verde senza maniche che arretra in Corso Solferino.
A 00.21 si vede via Palestro ripresa dalla scalinata quindi dall’alto verso il basso verso la Zona Rossa, il secondo da sinistra è il soggetto C caratterizzato dal casco arancione, sullo sfondo si nota un’auto incendiata.
A 00.26 in primo piano di spalle si vede la CM di cui si notano il casco blu e la maglietta verde.
I frame di questo reperto 192-17 TPO [314] mostrano i soggetti A e C (da 009 a 0011 e da 0013 a 0014) e la CM di schiena (0017).
Il film reperto 164 154 [315] contiene immagini riprese da Piazza Marsala verso la soprastante Via Palestro.
Da 00.08 a 00.11 si notano le bandiere dei TAMBURINI, un’auto incendiata e l’avanzata dei manifestanti del Blocco Nero.
Si vede anche l’incrocio tra via Palestro e Passo Gorini che collega via Palestro con via Goito (a 01.35).
A 01.50 si vede CM che si trova a sinistra, vicino allo spigolo di un palazzo dietro un cassonetto ed un soggetto con la maglia rossa.
La CM è riconoscibile per il casco blu, la maglia verde, la mascherina bianca, il bastone con l’impugnatura bianca in mano.
Le immagini mostrano anche un contingente di Polizia posto di guardia in Piazza Marsala.
Poco dopo si vedono i manifestanti del Blocco Nero incendiare alcuni cassonetti e lanciarli in discesa contro la Polizia (da 02.06).
In particolare (a 02.03 e poi meglio a 02.25 e a 03.45) il primo da destra vicino al cassonetto, ripreso di schiena è il soggetto con il casco bianco e la maglia verde senza maniche già ripreso da Piazza Paolo da Novi in poi.
Anche in questa fase vengono danneggiate delle auto.
Nelle immagini al centro in alto si vede C con il casco arancione, un fazzoletto bianco, la tuta blu con le maniche più scure.
Al lancio dei cassonetti incendiati lungo la discesa di Via Palestro la Polizia risponde con i primi lacrimogeni.
I frame del reperto 164 154 [316] mostrano la discesa lungo Via Palestro dei Black Block seguiti ed incitati dai TAMBURINI (da 001 a 003).
Quindi (004) al centro a sinistra di soggetto munito di casco giallo si vede CM che compare anche nei successivi frame (da 004 a 009) mescolata agli altri manifestanti e munita di un bastone con l’impugnatura più chiara.
Le due Mercedes incendiate in Via Palestro sono ritratte nei reperti fotografici 8610083 e 88D Genova NV.
Alcune comunicazioni radio della Sala operativa della Questura consentono di contestualizzare gli avvenimenti mostrati in queste immagini.
Alle ore 15.50.00 [317] la Sala Operativa comunica agli operatori di Polizia la presenza in Via Palestro di soggetti che hanno incendiato alcuni cassonetti.
Il film reperto 164-61 [318] mostra i manifestanti che si spostano da via Palestro a via Goito attraverso Passo Gorini.
A 00.04 a sinistra si vede C con il casco arancione, felpa blu con le maniche più scure, si nota anche la bandiera dei pirati Jolly Roger già ripresa all’incrocio tra Corso Torino e Corso Buenos Aires al momento del raduno del Blocco Nero e poi all’incrocio tra via Canevari e via Montegrappa.
A 00.36 la CM è la seconda in alto da sinistra, si trova a fianco di un soggetto con pantaloni mimetici e la felpa rossa.
Tra gli altri si nota anche il soggetto con il casco bianco, tenuto in mano, e la maglietta verde senza maniche che si dirige verso Piazza Marsala.
A 00.50 si vede B che si trova in alto a destra all’altezza di un’auto e vicino ad un manifestante con la maglia bianca.
A 00.55 al centro di via Palestro dall’alto il primo soggetto è il giovane con i pantaloni rossi ed il Kway bianco già visto in Corso Armellini.
A 01.26 si nota un soggetto (il terzo dal basso al centro) che porta un casco scuro con un segno rosso al centro ed un disegno bianco e che era già stato notato in Corso Sardegna.
A questo punto i manifestanti hanno lasciato via Palestro, risalgono per Via Pastrengo e Via Mameli e ritornano in Circonvallazione a Monte in Corso Solferino.
Si nota ancora CM (da 01.33 a 01.40) dietro i TAMURINI posti alla testa del corteo.
I frame del reperto 164-61 [319] mostrano a sinistra la CM che tiene in mano il bastone con l’impugnatura bianca e porta un guanto ignifugo (da 001 a 003).
Nei frame successivi (da 004 a 006) si nota sopraggiungere il soggetto con i pantaloni mimetici e la felpa rossa e il soggetto con il casco bianco, tenuto in mano, e la maglietta verde senza maniche.
In queste immagini si nota anche un soggetto con i capelli rossi si ritroverà in Piazza Alimonda durante l’attacco al DEFENDER delle 17.20.
Nei frame 008 e 009 in alto a sinistra s nota B con il casco e la felpa blu.
I frame 0010, 0011 e 0013 mostrano il soggetto con i pantaloni rossi, il Kway bianco ed il casco nero ed un soggetto con la maglia verde a maniche corte con una scritta interna e che indossa un casco integrale scuro già visto in Corso Sardegna.
La CM ritorna nei frame 0014 e 0015, mentre i successivi mostrano i TAMBURINI che risalgono via Pastrengo.
Quindi (0020) si vede C sotto il ramo dell’albero e poi (0021) ancora il soggetto con il casco bianco e la maglia verde senza maniche.
La Sala Operativa della Questura registra alcune telefonate al 113 relative a questa fase dei movimenti dei manifestanti del Blocco Nero.
Alle ore 16.12.58 [320] un cittadino segnala le devastazioni in Corso Paganini, strada raggiungibile risalendo Via Mameli nella zona dell’incendio dell’auto.
Alle ore 16.41.58 [321] vengono segnalati disordini in Circonvallazione a Monte, quindi alle ore 17.28.24 [322] alcune tute nere vengono segnalate in via Caffaro in direzione della Zona Rossa.

47. Le deposizioni testimoniali relative a questa fase degli scontri.
Il Maggiore Gabriele VOX era in quei giorni il responsabile per i Carabinieri della difesa dei varchi verso la Zona Rossa.
Durante il mattino vi erano stati alcuni tentativi di forzare i blocchi in Via Venti Settembre, in Via Cesarea e in Piazza Dante, quindi tra le 15 e le 16 il teste si era spostato in Piazza Corvetto dove erano segnalati assembramenti.
Il responsabile di quest’area e del reparto schierato era il Dr. DELAVIGNE.
VOX si recò a piedi verso Piazza Corvetto e vide che da Via Palestro e da Piazza Marsala centinaia di persone scendevano verso le griglie di Piazza Corvetto, accompagnate dallo sventolio di bandiere nere e dal rullo dei tamburi.
Si vedeva del fumo perché probabilmente i manifestanti avevano dato fuoco ai cassonetti.
I manifestanti lanciavano biglie e bottiglie di vetro, in Piazza Marsala facevano scendere dalla discesa dei cassonetti incendiati, qualcuno tentò anche di superare il reticolato.
Erano in tanti.
Il teste ha precisato che non distingueva questi manifestanti da quelli visti al mattino per il loro abbigliamento, però vide le bandiere nere solo in Piazza Marsala.
Qui c’erano auto e cassonetti in fiamme e l’attacco era più violento, più tecnico e specifico di quelli visti al mattino.
I manifestanti erano sia italiani sia stranieri.
La massa di dimostranti si portò sulle griglie a cui agganciarono dei moschettoni per cercare di abbatterle, gli attacchi erano molteplici
Anche in Via Assarotti vi erano dei manifestanti ma i problemi sussistevano solo in Piazza Marsala, dove la Polizia dovette far uso degli idranti per far allontanare la folla.
Quindi vi fu una pressione anche in Piazza Portello e questo fu l’ultimo attacco alla Zona Rossa.
Il teste ricordava numerose persone che premevano sulle grate di Piazza Portello occupando l’intera luce del reticolato.
Non si trattava di un corteo ma di una massa informe stimata in circa alcune migliaia di persone.
A Portello VOX non vide le bandiere nere e i manifestanti sembravano meno agitati, anche se il loro numero era simile a quello dell’attacco a Piazza Marsala.
L’attacco a Portello si protrasse per circa un’ora, poi progressivamente la tensione si allentò e al tramonto le Forze dell’Ordine poterono rientrare.
Nel frattempo in Piazza Corvetto si erano verificate altre due situazioni critiche: nel primo caso si era trattato di un allarme dato dai sensori messi nelle sottostanti fognature tra le 15 e le 15.30, nel secondo caso, tra le 16 e le 16.30 c’era stato il tentativo di raggiungere le cancellate compiuto da parte di circa 2.000/2.500 manifestanti, durato circa quindici minuti e poi fallito per la resistenza delle Forze di Polizia.
I testi Francesco Maria DELAVIGNE, Fulvio AZZOLINI e Serafina CORBASCIO, Dirigenti della Polizia di Stato dislocati rispettivamente a Piazza Corvetto ed al Portello hanno ricordato questi attacchi in maniera analoga.
La zona di Piazza Corvetto aveva tre varchi, di cui due con portone ed era presidiata da un contingente di 500 Carabinieri.
Qui si verificarono due manifestazioni origine di disordini, la prima tra le 12 e le 13.30 e la seconda verso le 16.30.
Verso le 12/12.15 numerosissimi manifestanti provenienti da Via Palestro, strada parallela a levante di Via Assarotti, cominciarono a spingere dei bidoni della spazzatura contro le cancellate e lanciando oggetti cercarono di aprirsi un varco.
Qualcuno i questi si arrampicò, mise un moschettone al centro dei cancelli e vi collegò una catena per aprire le grate.
Una trentina di Poliziotti si trovarono circondati e a quel punto i loro colleghi ed i Carabinieri presenti risposero con i lacrimogeni e con gli idranti della Forestale per liberarli.
Dopo circa mezz’ora le Forze dell’Ordine riuscirono a disperdere i manifestanti e a togliere i moschettoni dalle grate.
Il tentativo dei manifestanti era stato vicino ad avere successo perché sotto la pressione il cancello si era spostato di qualche centimetro.
Solo l’intervento dei Carabinieri impedì la forzatura del blocco.
A causa dell’assembramento di persone davanti ai cancelli il teste non era in grado di vedere se al di fuori della Zona Rossa si verificassero dei danneggiamenti, però i manifestanti lanciavano oggetti di ogni genere, tra cui persino parti di automobili che dunque dovevano essere state prelevate in quella zona.
Egli vedeva i manifestanti scendere da Via Palestro e dell’arrivo di questi non era stato previamente informato.
Verso le 15 il teste sentì molto clamore proveniente dalla vicina Piazza Portello e fece schierare il contingente di cinquecento Carabinieri allo sbocco della galleria in Piazza Corvetto a protezione della Zona Rossa.
A Piazza Portello AZZOLINI aveva a propria disposizione cinquanta Agenti del Reparto Mobile di Firenze e di Napoli, egli presidiava la parte esterna delle grate.
Qui verso le 9 erano arrivati trecento manifestanti pacifici, di un gruppo religioso, che si posti davanti alla cancellata senza però creare problemi di sorta.
Successivamente però tra le 15 e le 15.30 questo gruppo pacifico venne infiltrato da manifestanti estremisti cominciarono a provocare ed insultare la Polizia.
All’inizio di Via Caffaro si attestarono un centinaio di autonomi travisati con passamontagna, mentre si formava un altro gruppo che lanciava contro la Polizia dei cassonetti incendiati, delle bottiglie ed altri corpi contundenti.
AZZOLINI temeva che l’azione dei violenti potesse provocare una reazione che avrebbe potuto coinvolgere i pacifisti, così fece lanciare alcuni lacrimogeni che fermarono il gruppo dei violenti e lo fecero ritirare fino alla sommità di Via Caffaro da dove però continuavano i lanci di cassonetti incendiati giù per la discesa.
La Polizia mantenne la posizione intervenendo per far sgombrare un piccolo gruppo di manifestanti che indirizzavano i cassonetti verso la Zona Rossa e riuscendo a bloccarne uno, un italiano, che oppose resistenza e poi venne portato in Piazza Corvetto.
I due schieramenti si fronteggiarono fino alle 17, quando arrivò la notizia che nelle strade soprastanti i manifestanti avevano bloccato tutto, erano armati con delle spranghe e avevano picchiato un uomo con il motorino.
Gli Agenti allora salirono per sciogliere il blocco stradale e furono bersagliati da lanci di pietre, legni e bottiglie, i manifestanti si ritirarono fino ad un ponte sopra via Caffaro dal quale in parecchie decine continuarono i lanci.
Solo un nuovo impiego di gas lacrimogeni riportò la situazione alla normalità verso le 18.
Continuarono a girare dei piccoli gruppi di manifestanti ma non si verificarono più situazioni di tensione.
Serafina CORBASCIO presidiava la parte interna delle grate di Piazza Portello alle dipendenze di AZZOLINI e ricordava il sit-in di circa cento pacifisti con i quali la Polizia si teneva in continuo contatto.
Nel pomeriggio erano giunte notizie radio circa gruppetti di facinorosi che circolavano nelle vie adiacenti, gli organizzatori del sit-in pacifista chiesero protezione agli Agenti nel caso i Black Block avessero lanciato oggetti contundenti contro di loro.
La teste spiegò allora ai pacifisti che la Polizia era lì per proteggere sia la Zona Rossa sia l’incolumità dei manifestanti pacifici.
Poi dalle strade che scendevano verso il Portello la teste vide arrivare un gruppo di facinorosi travisati e armati di spranghe di ferro che lanciavano sassi e cassonetti incendiati contro la Polizia.
Il contingente venne schierato in modo da proteggere sia le grate sia i manifestanti pacifisti, tra i quali anche alcuni bambini e vennero lanciati i lacrimogeni.
Non vi fu contatto fisico con gli assalitori che si dispersero, tranne qualcuno che venne bloccato e accompagnato in Questura, uno di questi era straniero.
La teste rimase al Portello dalle 6 fino alle 20
Riconosceva le fasi dell’attacco nelle immagini del reperto 143.54 [323] mostratole sia dalla difesa sia dal P.M.
I pacifisti si vedono seduti alle spalle dei Poliziotti, mentre i facinorosi agivano a macchia di leopardo ed erano difficilmente identificabili.
Dopo gli arresti la situazione si era relativamente tranquillizzata e non era più accaduto nulla di particolare.

48. Durante il fallito tentativo di entrare nella Zona Rossa mentre una parte di manifestanti appartenenti al Blocco Nero prova a forzare le reti di protezione seguendo Via Caffaro [324], un’altra parte ritorna indietro lungo strade già percorse e in Piazza Manin subisce il contrasto dei manifestanti pacifici della rete Lilliput.
Tra le persone che ritornano verso la zona di San Fruttuoso passando per Via Arecco e Piazza Manin ci sono anche CM e VV.

49. Le immagini relative a questa fase.
Il film reperto 164-43 [325] mostra appunto la zona di Via Arecco, davanti a Piazza Manin e i manifestanti che si portano in Piazza dello Zerbino muovendosi verso levante.
Nelle immagini si vedono i pacifisti della Rete Lilliput che in Piazza Manin contestano i Black Block.
A 00.07 si vede CM in direzione di Via Arecco, quindi a 00.24 l’imputata è nuovamente ben riconoscibile come la prima da sinistra per il casco blu munito di inserti gialli non indossato ed il marsupio in seguito sequestratole.
La donna indossa il maglione blu che in precedenza portava alla vita.
Questi particolari della figura di CM e del suo abbigliamento si apprezzano nei frame del medesimo reperto 164-43 [326].
In particolare nel frame 001 si nota il maglione blu indossato, questo era già presente nella foto reperto 164-070 0001 [327] nella quale l’imputata viene ritratta nel giardino dell’asilo “Prato Verde” il 19 luglio.
Le due immagini messe a confronto consentono di apprezzare oltre al maglione anche il marsupio scuro con i particolari grigi.
Il maglione si vede legato alla vita dell’imputata ad esempio nel reperto 120 primi scontri RP17 [328].
Il mutamento di abbigliamento serve all’evidenza per rendersi irriconoscibili, anche VV vi ricorre come si vedrà tra poco.
I frame da 001 a 007 del reperto 164-43 forniscono ulteriori particolari dell’abbigliamento dell’imputata, si tratta di immagini utilizzate dalla Polizia Scientifica per le comparazioni, così si notano i particolari del casco (da 001 a 003), i pantaloni appena sotto al ginocchio, gli scarponcini ed il marsupio legato alla vita (da 004 a 006).
L’imputata non ha più con sé il bastone visto più volte in precedenza, né il fazzoletto e la mascherina con cui si era travisata.
Il frame 007 mostra CM di schiena.
Il medesimo filmato reperto 164 43 ed ulteriori frame mostrano anche VV che percorre con gli altri Via Arecco in direzione di San Fruttuoso.
A 00.05 sulla destra si vede VV di spalle vestito con una maglietta bianca.
Il frame 009 consente di apprezzare i particolari della figura di questo imputato, egli si trova sulla destra, porta una maglia bianca, la felpa legata alla vita, i pantaloni verdi e le scarpe chiare.
Nel frame 0010 VV è il secondo dietro e quasi a contatto con una persona della Rete Lilliput.
L’imputato ha dunque cambiato il proprio look per rendersi irriconoscibile evidentemente anche nei confronti di chi tra i manifestanti pacifici stava vivacemente contestando i Black Block.
Il contrasto tra manifestanti è oggetto delle riprese del film reperto 164 154 [329].
A 00.02 si vede il soggetto con la maglia verde senza maniche ed il casco bianco in mano che percorre via Arecco verso Corso Montegrappa, a 00.49 si nota il giovane con Kway bianco e pantaloni rossi casco nero.
Tra questi si nota un soggetto con berretto bianco e maglietta verde senza maniche che verrà rivisto in seguito durante gli scontri al ponte di Terralba.
A 02.24 si vede al centro VV con la maglia bianca ed il maglione portato al collo.
Vicino a VV si nota un soggetto con la maglia verde a maniche corte sulla quale si notano un disegno rotondo d una scritta, già visto in Corso Sardegna ed via Mameli e meglio visibile a 02.27.
Si vedono in atto dei disordini tra i manifestanti pacifici ed i componenti del Blocco Nero.
I frame da 024 a 027 del reperto 164 154 [330] mostrano VV (0024) a sinistra del soggetto con la maglia rossa.
Quindi (0025-0026) VV si vede a sinistra del al soggetto con lo zaino: l’imputato porta la felpa legata in vita, indossa i pantaloni verdi con le tasche laterali ed una maglietta bianca [331].
Il frame 0027 mostra le caratteristiche della scritta sulla maglia del soggetto vicino a VV.
Anche le immagini del film costituente il reperto 192-5 [332] mostrano, seppure da altra angolazione il ripiegamento verso San Fruttuoso di VV e degli altri manifestanti appartenenti al Blocco Nero.
A 00.08 a sinistra si vede VV che porta gli occhiali [333].
A 00.09 si nota il casco del soggetto vicino a VV, i manifestanti del Blocco Nero si stanno spostando, alcuni sono a volto scoperto e hanno cambiato maglia.
A 00.39 il primo da destra è VV che indossa una maglietta bianca.
A 01.07 si vede un soggetto con la maglia celeste a righe più scure che si vedrà ancora in occasione dei danneggiamenti nel quartiere di San Fruttuoso.
I frame del reperto 192-5 [334] consentono di apprezzare meglio i particolari dei singoli manifestanti.
VV si vede con la maglia bianca (005e 006) e con felpa o maglia scura sulle spalle (009).
Nel frame 0010 VV è il terzo da sinistra, più avanti sulla destra si vede un soggetto poco prima ritratto a fianco dell’imputato.
Ancora VV nei frame da 0012 a 0021: nel frame 0014 l’imputato è parzialmente coperto da una persona con la maglia nera a maniche corte, nei frame 0020 e 0021 si trova all’altezza della scritta della telecamera.
La persona che in queste immagini si vede camminare a fianco di VV era già stata vista in Corso Sardegna vicino alla CM [335].
Infine il reperto 104 rullo F foto 016 [336] mostra VV con la maglia bianca, la felpa intorno al collo, sulla destra del soggetto di cui sopra che indossa una maglia nera con un disegno ed una scritta nella parte anteriore e tiene in mano un casco con un segno rosso.

49. I manifestanti del Blocco Nero si portano verso la zona di San Fruttuoso discendendo Corso Montegrappa, attraversando la zona di Via Canevari, il torrente Bisagno, Piazza Giusti, Corso Sardegna, Via Giacometti e arrivando infine a Piazza Martinez e Via Torti.
Al loro passaggio in Piazza Giusti alcuni, tra i quali VV, si appropriano di alimentari del Dì per Dì, il cui saccheggio iniziato alle 14 prosegue fino alle ore 19.
Alle ore 17.14.08 [337] un cittadino segnala al 113 che alcuni manifestanti provocano dei gravi danni ad un supermercato Supersconto nella zona tra Corso Sardegna e Via Giacometti.
Le foto da 014 a 021 del reperto 104 rullo I [338] ritraggono Piazza Giusti e l’ingresso del Dì per Dì, il saccheggio del supermercato è ancora in corso.
La foto 014 [339] mostra Corso Sardegna nella zona vicina all’incrocio con Via Archimede e a Piazza Giusti, nei pressi cioè del supermercato Dì per Dì.
In primo piano il primo da destra è VV, con in dosso la felpa e in mano una bottiglia, poco distante dal lui si nota un altro soggetto con in mano una bottiglia.
Nella foto 017 si nota un soggetto con la maglia nera che si allontana con una confezione di bottiglie d’acqua in mano mentre altri manifestanti si dirigono verso Via Giacometti, Terralba, Via Torti e Piazza Martinez.
Via Giacometti parte da Piazza Giusti e prosegue verso levante, cioè verso la zona di Terralba, dove all’altezza della scalinata che porta all’omonimo ponte i manifestanti del Blocco Nero danno vita ad ulteriori scontri (018-019).
In quest’ultima immagine al centro si vede un soggetto con la maglia celeste con righe più chiare ed altre più scure già visto in via Arecco con un casco arancione.
La foto 019 mostra il Black Block sul ponte.
Nella foto 021 al centro si nota il soggetto con il berretto bianco, la maglietta vere senza maniche già visto in Via Arecco.
Ciò dimostra come i soggetti già visti in Via Arecco si sono poi spostati a Terralba dove hanno partecipato agli scontri sul ponte.

50. Le immagini documentano quindi la presenza tra i manifestanti che raggiungono San Fruttuoso di alcune delle persone già fotografate in Circonvallazione a Monte nelle vicinanze della Zona Rossa.
Alcuni di questi compaiono anche in occasione di ulteriori episodi di violenza, come l’assalto al DEFENDER in Piazza Alimonda delle ore 17.23 circa.
Nella zona di San Fruttuoso i manifestanti impegnano le Forze dell’Ordine in alcuni scontri.
In particolare verso le ore 18.06 al Ponte di Terralba i manifestanti costringono gli Agenti a ripiegare.
Il ponte di Terralba congiunge San Fruttuoso in basso e a monte della ferrovia con via Tolemaide che si trova più in alto e a mare della linea ferroviaria.
Anche in occasione di questo specifico scontro è possibile individuare alcune delle persone già viste spostarsi con il Blocco Nero, tra esse è riconoscibile UD (cfr. la foto reperto della Polizia Scientifica Ponte Terralba [340].
L’imputato è il terzo da destra, è riconoscibile per l’abbigliamento costituito da una maglietta bianca, i pantaloni verdi corti con le tasche laterali, gli occhiali da vista, la mascherina antismog, le scarpe da ginnastica con la suola bianca ed i calzettoni chiari.
Alle ore 18.21.28 [341] una telefonata avverte la Questura di danneggiamenti posti in essere nella zona di Terralba, in particolare ai danni dell’Agenzia n. 3 della CARIGE [342].
A causa della presenza della Polizia i manifestanti non riescono ad oltrepassare il ponte di Terralba e sono costretti a ripiegare su Via Giovanni Torti.
Questa zona viene pesantemente danneggiata, in particolare vengono arrecati danni alla farmacia di via Torti 24 ed all’Agenzia della BNL sita al civ. 32.
Quest’ultima viene incendiata e completamente distrutta, i danni ammontano ad oltre 600.000.000 di lire [343].
Come si vede dalle immagini, l’incendio mette in pericolo anche le strutture portanti del civico 7 e l’autorimessa del garage Torti.
Sempre in Via Giovanni Torti viene danneggiata un’Agenzia del Banco di Chiavari e della Riviera Ligure che riporta danni per un valore di circa Euro 6.000 [344].
In quest’ultima opera di devastazione risulta attivamente coinvolto UD (cfr. le foto 31 e 34 del reperto 104 su cui meglio infra).
Alcune telefonate ricevute sul canale 113 tra le 19.04 e le 19.08 [345] segnalano incidenti ed incendi in Via Cellini e nelle zone di Via D’Albertis e di Via Imperiale limitrofe a Piazza Martinez e a Via Giovanni Torti.
Le foto da 021 a 035 del reperto 104 rullo I [346] mostrano gli scontri tra manifestanti e Forze dell’Ordine sul ponte di Terralba (da 024 a 028) si vedono delle fiamme.
Nella foto 025 sulla sinistra si vede di schiena un soggetto che indossa dei pantaloni verdi, una felpa scura munita di disegno nella parte posteriore e sotto la felpa una maglietta più chiara: si tratta di VV.
Quindi (029) i manifestanti spostano dei cassonetti e li mettono all’altezza del ponte.
Nella foto 032 al centro si vede un soggetto con la maglia rossa che in altre immagini si vedepartecipare anche all’assalto al DEFENDER in Piazza Alimonda.
Gli scontri nella zona di Terralba avvengono verso le ore 18.06, una conferma dell’orario è data dall’esame del reperto 236 ZUCCON [347] confrontato con l’orario della telecamera del traffico GASTALDI, questi scontri sono concomitanti con quelli a margine del corteo TUTE BIANCHE.
Le immagini di questo reperto mostrano gli scontri sul ponte quando i manifestanti costringono le Forze dell’Ordine a ripiegare.
In questo momento via Tolemaide è sgombra, mentre dalle riprese delle telecamere del traffico risulta come verso le 17.45 il corteo dei DISOBBEDIENTI si era portato nella zona alta di Corso Gastaldi all’altezza di via Corridoni.
A 00.35 dall’inizio si nota in posizione avanzata il soggetto con casco bianco e maglia verde senza maniche già visto nel gruppo dei Black Block.
Le immagini del reperto filmato 188.09 [348] sono riprese dall’elicottero e ritraggono i manifestanti alla base del ponte di Terralba, tra gli altri si vede (03.20) il soggetto con la maglia rossa che è presente in Piazza Alimonda al momento della morte di Carlo GIULIANI.
I manifestanti stanno accatastando della legna e costruendo barricate a cui poi (04.00) daranno fuoco.
A 03.12 il secondo da destra è il soggetto con il casco bianco e la maglia verde senza maniche visto in precedenza.
Un ulteriore spezzone riprende via Torti all’altezza della banca che verrà incendiata.
A 04.15 si nota una barricata eretta vicino al Banco di Chiavari anch’esso interessato dai danneggiamenti, quindi si notano dei manifestanti che raccolgono pietre dalle aiuole per prepararsi agli imminenti scontri (04.33).
Le immagini dei reperto 192.17, 151.29, 79 e 177.4 [349] documentano gli scontri sul ponte di Terralba e nell’omonima piazza.
Le foto 031 e 034 del reperto 104 rullo G [350] riprendono UD davanti al Banco di Chiavari.
Nella foto 031 si vede l’imputato in possesso di uno skate board.
Le scarpe blu con inserto laterale, stringhe marroni e suola alta bianca che si vedono nell’immagine sono state sequestrate ad UD nella sua abitazione al momento dell’esecuzione della misura cautelare nei suoi confronti.
Lo stesso vale per i pantaloni verdi con grosse tasche laterali.
Il soggetto ritratto porta la mascherina (si vede l’elastico), indossa occhiali da vista ed una maglietta bianca.
Nella stessa foto si vede anche un soggetto con un casco scuro ed una felpa bianca contrassegnata sul retro dal disegno di coda di balena, già visto durante l’attacco al carcere e come si vedrà presente anche all’assalto al DEFENDER di Piazza Alimonda.
Nella foto 034 si vede UD colpire con lo skate board il video del bancomat.
Dalla deposizione del teste SACCHI risulta che, oltre a svariati altri danni, il vetro del bancomat venne sfondato.

51. AC ed VA vennero tratti in arresto alle 18 del 20 luglio 2001 ad opera di appartenenti alla Sezione di Polizia Stradale con sede nella caserma di Via Saluzzo 1.
Il verbale di arresto riporta l’intestazione Questura di Genova D.I.G.OS., viene redatto a firma degli Agenti Giuseppe ESPOSITO ed Antonio MENNELLA alle ore 21 negli Uffici Trattazione Atti presso il VI Reparto Mobile della Questura di Genova ed è relativo ai reati di tentato omicidio e porto di arma da guerra, resistenza a P.U., ricettazione.
I fatti ascritti ai due arrestati vengono descritti come segue:
“i predetti AC e VA si avvicinavano a bordo di uno scooter Piaggio Vespa targata GE162553, all’ingresso della caserma di via Saluzzo 1. Poiché procedevano con viso coperto ed impugnando entrambi nella mano destra una bottiglia piena, i due operanti, in servizio di vigilanza all’ingresso, procedevano cercando di bloccarli, intimando loro l’alt. I due rallentavano, lanciavano le bottiglie in direzione del portone d’ingresso ed all’indirizzo degli scriventi ed ignoravano l’alt, tentando la fuga. Venivano però raggiunti in quanto imboccavano una via senza uscita. Una volta raggiunti, AC e VA cercavano di sottrarsi all’arresto divincolandosi e spingendo violentemente gli operatori che solo grazie all’intervento di altri colleghi, uno dei quali rimaneva ferito, riuscivano a bloccarli.
Successivamente gli scriventi avevano modo di esaminare i resti delle bottiglie lanciate da AC e VA, infrantesi contro il portone d’ingresso della caserma, ed avevano modo di verificare che il contenuto era benzina. Lo scooter veniva sequestrato poiché a detta degli stessi AC e VA era provento di furto. Dell’avvenuto arresto è stato noviziato il P.M. Dr. Franz della procura di Genova, con comunicazione telefonica alle ore 22.30 odierne”.

51.1 A dibattimento i due Agenti della Polizia Stradale firmatari del verbale di arresto hanno reso dichiarazioni più ampie ricostruendo i fatti in maniera parzialmente diversa da quanto riportato nell’atto di P.G.
All’udienza del 26 ottobre 2004 ESPOSITO ha dapprima ricordato l’assalto subito dalla caserma verso le 13 ad opera di un gruppo di persone vestite di nero, travisati con passamontagna, definiti come Black Block.
Dopo che queste persone si erano allontanate, il Comandante aveva chiesto agli Agenti di rimanere in caserma per sorvegliare la situazione nel caso vi fosse stato un nuovo attacco.
Tra le 17 e le 17.30 ESPOSITO ed alcuni colleghi avevano notato due persone, in seguito identificate nei due imputati AC e VA, che giravano su di una Vespa davanti alla caserma.
MENNELLA aveva attirato l’attenzione su due persone circolanti su di una Vespa, forse blu, che, a suo dire, avevano lanciato una bomba Molotov contro un mezzo corazzato della Polizia, VTC, impegnato a spostare dei cassonetti dell’immondizia nella piazza davanti alla caserma.
ESPOSITO non aveva assistito a questo episodio che gli era stato raccontato da MENNELLA.
Il teste notò i due sulla vespa che giravano intorno alla caserma: il passeggero aveva il casco rosso integrale, un giubbotto antiproiettile e teneva in mano qualcosa che somigliava ad una bottiglia, il conducente portava un casco nero ed una maglietta nera con il simbolo dei pirati.
Il teste e MENNELLA videro i due sulla Vespa imboccare Via Nizza in salita, ricordarono allora che in quella via era posizionato un contingente della Guardia di Finanza che svolgeva funzioni di controllo sull’Ordine Pubblico e compresero che i due ragazzi sarebbero ben presto tornati indietro.
Decisero allora di fermarli per sottoporli a controllo.
Si posizionarono così sulla strada davanti alla caserma di Via Saluzzo e dopo 15/20 minuti notarono i due che percorrevano la discesa avvicinandosi alla loro posizione.
I due Agenti non erano in divisa, si misero sulla strada, aprirono le braccia e intimarono ALT POLIZIA.
I due giovani si fermarono, lasciarono cadere il veicolo e lanciarono delle bottiglie contro gli Agenti: una bottiglia era in vetro e si ruppe a pochi metri dal portone della caserma, l’altra era in plastica col tappo e gli Agenti riuscirono a recuperarla.
I due ragazzi cercarono di fuggire, fecero resistenza, gli Agenti vennero aiutati da alcuni colleghi, tra i quali l’Ispettore SANCINETO e portarono i due imputati in caserma.
La perquisizione diede modo di trovare il giubbotto antiproiettile, un manganello, un coltello, un cacciavite, delle chiavi, anche la bottiglia di plastica rinvenuta a terra venne sequestrata.
Richiesto dal P.M. di maggiori dettagli il teste spiegava che il conducente aveva un tascapane dal quale estrasse la bottiglia di vetro che lanciò contro gli Agenti, questa cadde a terra e si ruppe, il liquido contenuto nella bottiglia aveva odore di benzina.
La bottiglia di plastica venne invece lanciata dal trasportato.
La moto risultò essere stata rubata e venne sequestrata.
A terra vennero rinvenuti altri oggetti, tra i quali dei filtri spugnosi del tipo di quelli delle maschere antigas che possono essere usati anche come micce per le bottiglie incendiarie, però gli operanti non erano sicuri che si trattasse di oggetti di pertinenza dei due giovani e pertanto non li sequestrarono.
Invece gli oggetti sequestrati erano stati trovati indosso ai due, oltre alla bottiglia di plastica vista lanciare da uno di essi.
I due arrestati erano i medesimi che poco prima si erano aggirati intorno alla caserma, ESPOSITO si diceva sicuro di averli riconosciuti fin dal momento in cui li aveva fermati.
Così li riconosceva nuovamente in udienza in alcune immagini tratte dal TG [351] che consentono di notare i particolari dell’abbigliamento già descritto e riconosceva diversi tra gli oggetti sequestrati come il manganello telescopico, il giubbotto antiproiettile il set di chiavi, il cacciavite, il coltellino, una catena [352], ma non era sicuro di riconoscere l’oggetto ritratto nella foto 44 [353].
Si tratta di una bottiglia di plastica completamente avvolta in nastro adesivo marrone, che il teste non ricordava.
Rispondendo al controesame della difesa ESPOSITO spiegava di non aver fatto menzione dell’episodio del lancio di una molotov contro un blindato ad opera dei due arrestati né nel verbale di arresto né quando venne escusso a s.i. durante le indagini preliminari perché lui non aveva visto questa scena.
Una seconda contraddizione tra quanto riportato nel verbale di arresto - i due procedevano in Vespa a viso coperto e impugnando ciascuno una bottiglia nella mano destra - e quanto dichiarato a dibattimento – i due si fermarono e dopo lanciarono le bottiglie – veniva spiegata con la poca precisione dell’atto redatto nell’immediatezza, dovuta alla circostanza che venne steso non presso la caserma della Polizia Stradale bensì presso il 4° Reparto Mobile della Questura verso le 21, quando vi erano tantissime persone arrestate e molta confusione.
I verbali vennero redatti materialmente da Ufficiali di P.G., mentre il teste ed il collega MENNELLA quali semplici Agenti non lo potevano fare.
Pertanto il verbale era redatto in modo succinto in base al racconto fornito dai due operanti che erano tra l’altro molto stanchi, quindi i due firmarono l’atto e se ne andarono.
Confermava che quando il motociclo si fermò il trasportato teneva la bottiglia in mano e la lanciò, era di plastica non si ruppe e venne in seguito recuperata.
Il conducente invece non aveva alcuna bottiglia in mano, fermò il veicolo, estrasse la bottiglia di vetro dal tascapane, la lanciò, questa cadde a terra e si ruppe.
In un dato momento dell’episodio entrambi avevano una bottiglia in mano che lanciarono contro gli Agenti.
Il lancio non avvenne con il veicolo ancora in movimento.
Gli Agenti erano in borghese, indossavano dei caschi civili, i due sulla Vespa non li riconobbero da lontano ma solo quando gli operanti si qualificarono intimando loro l’alt.
A quel punto i due si fermarono, lasciarono andare il motociclo e lanciarono le bottiglie, quindi cercarono di fuggire, ma vennero inseguiti e bloccati dagli Agenti.
Gli avvenimenti furono molto veloci, questione di un istante.
La Vespa procedeva da Via Nizza verso Via Saluzzo, questa è in salita e in fondo ad essa c’è la caserma.
La bottiglia di vetro si infranse a pochi metri dal portone della caserma, che venne raggiunto da alcuni frammenti di vetro.
Le due bottiglie non erano accese e vennero lanciate contro il teste ed il collega.
La distanza tra chi lanciava e gli Agenti era di pochi metri.
I due operanti stavano davanti al portone della caserma: ESPOSITO sulle strisce pedonali, MENNELLA era poco più a sinistra in Via Saluzzo.
La Vespa era rivolta con la parte anteriore da Via Nizza verso Via Saluzzo.
Il difensore contestava come il verbale di arresto riporti l’indicazione che entrambe le bottiglie si erano infrante contro il portone della caserma e il teste spiegava che una sola si era infranta nei pressi del portone e che anche questo era un particolare impreciso dovuto alla confusione del momento.
Già in sede di sommarie informazioni le cose erano state spiegate in modo più dettagliato.
Comunque i fatti erano andati come spiegato a dibattimento: una bottiglia si era rotta e conteneva benzina, l’altra era di plastica, non si era rotta e conteneva benzina o comunque un liquido che emanava un forte odore di benzina.
La bottiglia di vetro si era rotta davanti (e non contro) il portone e alcuni pezzi erano arrivati ad investire il portone, così come un po’ di benzina.
ESPOSITO comunque era più intento e preoccupato di fermare i due ragazzi che fuggivano e che opponevano resistenza.
All’interno della bottiglia di plastica c’era un liquido che odorava fortemente di benzina, lo stesso vale per il contenuto della bottiglia di vetro, questa si ruppe ma il teste sentì anche da questa provenire un forte odore di benzina.
Subito dopo aver fermato i due ragazzi gli Agenti entrarono in caserma e dovettero necessariamente passare dal punto dove la bottiglia era stata lanciata e si era rotta.
Il difensore contestava come nel verbale di arresto sia scritto che gli Agenti avevano avuto modo di verificare che dentro le bottiglie c’era benzina e richiedeva maggiori particolari sull’accertamento compiuto.
ESPOSITO doveva ammettere di avere soltanto visto la bottiglia di plastica, anche se poi a dibattimento non l’aveva riconosciuta nelle immagini dei reperti in sequestro.
Non l’aveva toccata perché in quel momento vi erano altri colleghi che operavano.
La bottiglia di plastica era chiusa, quindi il teste non aveva potuto sentire l’odore del suo contenuto, né poteva esprimersi sulla natura di quel liquido.
Egli aveva avvertito soltanto il forte odore di benzina che proveniva dai resti della bottiglia rotta.
Ritornando sui particolari dell’arresto e della resistenza compiuta dai due imputati, ESPOSITO non sapeva dire se fosse intervenuto un Agente in divisa, né se alcuno dei suoi colleghi avesse o meno estratto la pistola puntandola contro uno dei ragazzi.
I colleghi degli uffici non portano armi, l’unico che ne è in possesso è il piantone.
I due giovani vennero portati di peso all’interno della caserma perché facevano resistenza, però una volta all’interno dell’atrio la situazione si era tranquillizzata, i due si erano calmati.
La porta della caserma era a vetri, consentiva di vedere dentro.
Il difensore chiedeva una nuova descrizione delle fasi dell’arresto facendo riferimento alle foto dei luoghi prodotte, il teste rispondeva che la situazione come ritratta nelle foto è diversa da quella dell’epoca perché è stata costruita una rotonda e sono state aggiunte delle piccole colonne.
Comunque la Vespa scendeva e imboccava Via Nizza con una larga curva, poi dopo aver abbandonato il veicolo e lanciato le bottiglie i due a piedi cercavano di imboccare Via Merani (la strada in piano sulla destra di Via Saluzzo) che è senza uscita.
Era tutto il pomeriggio che quei due giravano lì intorno.
Giunti all’inizio di Via Merani i due erano stati fermati, poco oltre le strisce pedonali nel punto dove nella foto prodotta dalla difesa [354] vi è parcheggiata una FIAT Punto grigia.
Al rilievo che la FIAT Punto risulta ancora in Via Saluzzo il teste rispondeva che il fermo della Vespa era avvenuto dove si vede la Punto parcheggiata, però la colluttazione e l’arresto dei due erano avvenuti mentre i due scappavano verso Via Merani facendo una specie di curva.
A successive domande del Tribunale il teste spiegava che il passeggero teneva una bottiglia in mano ancora prima che gli Agenti intimassero l’alt al veicolo, anzi l’alt era stato intimato proprio perché gli operanti avevano notato il passeggero con la bottiglia in mano.
Non poteva dire con certezza se il lancio fosse contro gli Agenti o rispondesse semplicemente alla necessità di liberarsi delle bottiglie, comunque lui aveva dovuto schivare la bottiglia di vetro che gli era così caduta alle spalle.
Il teste ed i colleghi avevano poi svolto la perquisizione dei due rinvenendo sulle loro persone gli oggetti poi sequestrati.
Aveva personalmente notato i due gironzolare vicino alla caserma guardandosi intorno, li aveva visti una volta o due.
Antonio MENNELLA, escusso alla medesima udienza del 26 ottobre 2004, ha ricordato come dopo l’assalto del mattino era stato predisposto un servizio di vigilanza esterno alla caserma per evitare nuovi assalti.
Nella zona infatti si muovevano dei manifestanti travisati.
Verso le 17 o 17.20 il teste si trovava pertanto in fondo a Via Saluzzo, dove ora è stata costruita una rotatoria, e notava due persone a bordo di una Vespa blu vestiti in modo sportivo: il passeggero portava un giubbotto antiproiettile scuro ed un casco rosso, il conducente aveva un casco nero e indossava una maglietta nera senza maniche.
MENNELLA notava i due lanciare una bottiglia molotov contro un blindato VTC della Polizia di Stato che stava spostando alcuni cassonetti all’altezza del distributore AGIP, sito poco più giù della rotatoria.
I cassonetti erano stati messi lì in precedenza da alcuni manifestanti.
La bottiglia lanciata contro il blindato prendeva fuoco davanti a questo, quindi i due ragazzi scappavano verso via Pozzo.
Il teste allora avvertiva i colleghi, tra i quali ESPOSITO di prestare attenzione a questi due che probabilmente dopo poco sarebbero ritornati perché poco sopra vi era un posto di blocco della Guardia di Finanza.
Infatti qualche minuto dopo i due ritornavano, prendevano la direzione di Via Nizza e poi imboccarono Via Saluzzo.
A quel punto MENNELLA ed ESPOSITO decisero di intimare l’alt e di controllare i due.
I due avevano fermato e lasciato cadere il motociclo, il passeggero aveva una bottiglia in mano e la lanciava, mentre il conducente estraeva un’altra bottiglia da un tascapane e la lanciava parimenti verso gli Agenti.
La bottiglia estratta dal tascapane era di vetro, e si ruppe a terra, l’altra era di plastica e venne poi recuperata.
In seguito MENNELLA aveva verificato il contenuto della bottiglia di plastica constatando che si trattava di benzina, il controllo era stato compiuto mentre il teste era insieme ad Esposito.
L’odore di quel liquido era tipico della benzina, o comunque di un liquido infiammabile.
I due giovani avevano opposto resistenza al tentativo di fermarli, si divincolavano, cercavano di scappare verso Via Merani, strada chiusa sottostante a Via Saluzzo.
L’arresto era materialmente avvenuto all’inizio di Via Merani e per compierlo era stato necessario l’intervento di alcuni colleghi, tanta era stata la resistenza dei due giovani.
La perquisizione aveva consentito di rinvenire sulla persona degli arrestati un manganello telescopico in ferro, una catena, il passeggero aveva un giubbotto antiproiettile con la scritta ITALPOL.
Vennero trovate e sequestrate delle chiavi, delle pinze, dei cacciavite.
La bottiglia in plastica era rimasta intatta davanti all’ingresso della caserma e venne sequestrata.
MENNELLA non ricordava se aveva recuperato personalmente questa bottiglia di plastica, però l’aveva vista, si trattava di una normale bottiglia d’acqua, probabilmente da litri 1,5, con dello scotch intorno.
Il conducente indossava una maglietta nera con un teschio che il teste riconosceva in una delle foto mostrategli [355], così come riconosceva gli oggetti sequestrati: la bottiglia, il giubbotto antiproiettile ed il resto [356].
Su domande della difesa MENNELLA spiegava che quel giorno il suo turno andava dalle 7 alle 13, ma era poi rimasto in caserma fino alla sera.
Verso le 17.15 aveva assistito all’episodio del lancio della molotov contro il VTC da parte dei due imputati.
Egli si trovava davanti alla caserma, dove oggi c’è la rotatoria (cfr. le foto prodotte dalla difesa), non passavano auto perché le strade erano bloccate.
In quel momento MENNELLA era solo, notava i due giovani che scendevano da via Pozzo, lanciavano la molotov contro il blindato VTC, facevano inversione e tornavano indietro.
Aveva osservato la scena dall’alto verso il basso, da una distanza di 15 – 20 metri.
I due scendevano da via Pozzo verso Piazza Tommaseo facendo una curva, dopo la curva c’è il distributore AGIP, il blindato era una decina di metri indietro, i due lanciarono la molotov contro il blindato che stava spostando i cassonetti.
Il teste segnalò questo episodio solo in seguito quando con calma poté ricostruire i fatti in ufficio, lo fece cioè al momento di rendere le sommarie informazioni durante le indagini preliminari, nell’immediatezza MENNELLA ne parlò solo con i colleghi.
Su contestazione del difensore il teste riconosceva che nel verbale di arresto il lancio di questa molotov contro il blindato non compare e spiegava come il verbale di arresto era stato redatto in maniera molto succinta, in un momento di agitazione e di caos, presso il Reparto Mobile della Questura e non negli uffici della Polizia Stradale.
Il verbale era stato redatto verso le 21 con l’aiuto di U.P.G. della DIGOS, ma contemporaneamente arrivavano centinaia di persone e i colleghi che redigevano gli atti erano sommersi dal lavoro.
In quel momento, data la situazione MENNELLA non ricordò l’episodio del lancio di molotov contro il VTC.
Dopo questo episodio MENNELLA aveva avvertito i colleghi che probabilmente i ragazzi sarebbero ritornati in zona.
Infatti a partire dalle ore 17 aveva visto i due gironzolare nella zona alcune volte, inoltre il traffico era chiuso ed era facile notare la Vespa.
Li aveva visti sempre sopra la Vespa blu.
Il lancio contro il VTC era avvenuto intorno alle 17.20, anche se non sapeva indicarne con precisione l’orario.
Qualche minuto dopo li aveva rivisti visti ed aveva avvertito i colleghi, questo era avvenuto dopo il lancio ma prima dell’arresto.
I due salirono in via Nizza e il teste era sicuro che sarebbero tornati indietro.
I due portavano caschi che li travisavano: il conducente un casco jet nero senza mentoniera, il passeggero un casco integrale rosso.
Quando i due comparvero davanti gli Agenti il passeggero teneva già in mano la bottiglia, il conducente l’aveva presa solo successivamente.
La contraria indicazione contenuta nel verbale di arresto doveva essere a questo punto corretta, perché il conducente aveva preso la bottiglia con la mano destra estraendola dal tascapane solo dopo aver lasciato cadere la Vespa, quando cioè aveva entrambe le mani libere ed i piedi per terra.
I due Agenti si trovavano a metà di Via Saluzzo, a circa 5/6 metri dai ragazzi quando intimarono loro l’alt, i due lasciarono cadere la Vespa e lanciarono le bottiglie con movimento da dietro in alto verso avanti.
Gli Agenti erano in posizione più elevata rispetto ai ragazzi perché via Saluzzo è in discesa verso l’incrocio con Via Nizza.
Il lancio avveniva pertanto in salita.
Entrambe le bottiglie scavalcarono gli Agenti e finirono davanti al portone d’ingresso della caserma, che si trovava dietro gli Agenti nella traiettoria seguita dal lancio.
Solo quella di vetro si ruppe davanti al portone, le scale davanti a questo vennero raggiunte da alcune schegge.
La bottiglia rotta rilasciò un forte odore di benzina ed un alone a terra come constatato dal teste.
Il liquido contenuto nella bottiglia di plastica aveva l’odore tipico dei liquidi infiammabili, il teste lo aveva sentito personalmente.
La bottiglia di plastica aveva dello scotch intorno, ma MENNELLA non ricordava se avesse il tappo o fosse chiusa da scotch, non c’era innesco.
La portò ai colleghi della DIGOS alla Fiera e non la vide più.
Gli altri oggetti sequestrati vennero rinvenuti addosso ai due arrestati, soprattutto ad AC e non sotto al sedile della moto.
Il tascapane di AC ritenuto oggetto personale non venne sequestrato.
VA aveva solo la catena.
La colluttazione avvenne dopo che i due imputati avevano lanciato le bottiglie e tentato la fuga muovendosi per qualche metro in direzione di Via Merani.
I due opposero forte resistenza e gli Agenti ebbero difficoltà a bloccarli.
Escludeva l’intervento di un Agente in divisa che avesse puntato la pistola contro AC.
Intervenne in aiuto l’Ispettore SANCINETO e i due vennero portati all’intero della caserma.
Qui il teste non ricordava fosse continuata la colluttazione.
VA non voleva togliere il casco.
L’Ispettore Antonio SANCINETO, escusso all’udienza del 26/10/2004, ricordava che era occupato nel servizio di ripristino della vetrata del portone danneggiata durante l’attacco del mattino, all’interno dell’atrio vi erano vetri, bottiglie, sassi.
Ad un certo momento aveva udito delle urla provenire dall’esterno e potuto notare due colleghi che colluttavano con due persone munite di casco.
A terra si vedeva una Vespa.
Il teste accorse sul luogo percorrendo circa 10/15 metri.
Una delle due persone si stava divincolando e SANCINETO lo afferrò per un braccio, quindi con un collega lo portò in caserma.
Ciò avveniva tra le 17.30 e le 17.45.
Il fermato indossava un casco integrale rosso ed un giubbotto antiproiettile nero del tipo usato dai vigilanti davanti alle banche, come il teste rilevò una volta entrati nel corpo di guardia.
Sulle scale per entrare negli uffici il fermato si divincolò e colpì SANCINETO con un calcio al ginocchio destro.
Poi, un volta entrati, il ragazzo si sedette per terra e insisteva nel dire che non era stato lui a colpire il teste.
Però questi aveva ricevuto il colpo mentre stava entrando in caserma e poi venne accompagnato dall’ambulanza all’ospedale.
Precisava infine di occuparsi di pratiche amministrative e degli automezzi.
Al difensore spiegava di essersi occupato del ripristino della vetrata insieme a diversi colleghi tra i quali Guglielmo BOSURGI, che lo aveva aiutato anche a spingere il fermato dentro la caserma, dove il giovane non voleva entrare.
Non era in grado di precisare se BOSURGI fosse intervenuto a bloccare i due durante la colluttazione fuori dalla caserma, perché diversi agenti erano usciti in quel momento.
Ricordava BOSURGI che lo aiutava a far entrare il fermato in caserma, non vide nessuno munito della pistola.
SANCINETO teneva VA con la mano dietro la schiena e logorava in caserma.
Arrivati al portone il giovane cercava di divincolarsi e di spingere.
Il giovane non venne trascinato per i piedi, una volta dentro il corpo di guardia non vi fu alcuna colluttazione.
Il teste Nicola LIBERIO, Ispettore della Polizia Stradale escusso all’udienza del 2 novembre 2004, aveva proceduto alla restituzione della Vespa sequestrata ai due imputati al proprietario Marco LAURIA.
Il veicolo presentava alcuni danni e insieme ad esso venne restituita l’attrezzatura presente nel baule, cioè un cacciavite ed una chiave per candela.
Non riconosceva le pinze e il cacciavite che risultano sequestrati agli imputati.
Marco LAURIA, proprietario della Vespa PX125 tg GE 162553 escusso all’udienza del 2 novembre 2004, ricordava di averla parcheggiata il mattino verso le 11 in Via Casaregis, quindi nel tardo pomeriggio era tornato a riprenderla senza più trovarla.
Nel bauletto teneva la chiave per la candela, una bottiglia da ½ litro di acqua minerale contenente olio per far miscela, una candela, uno straccio, i documenti della Vespa, un casco bianco marca DURALEU, un giubbotto dell’AMT, un cacciavite, un paio di pinze con il manico di plastica rossa e il telecomando del cancello di casa.
Quella sera su RAITRE aveva visto le immagini del proprio motociclo con due persone a bordo ripreso in Via Montevideo e Via Tolemaide.
Qualche giorno dopo ebbe la restituzione della Vespa, ma non dei ferri.
In seguito, circa un anno prima della deposizione dibattimentale, al teste vennero mostrati dei ferri ma non erano quelli che gli appartenevano, si trattava di un cacciavite e di un manganello o qualcosa di simile.
Nelle foto da 45 a 50 non riconosceva oggetti propri.
La foto 51 rappresenta un cacciavite giallo e nero e LAURIA dichiarava di averne posseduto uno così, ma non è sicuro che sia lo stesso oggetto.
La bottiglia che teneva nel baule era da mezzo litro d’acqua, lui ci teneva l’olio per fare miscela non benzina o liquidi dall’odore simile alla benzina, essa non aveva più l’etichetta, aveva il tappo, non era avvolta, né incerottata in niente.
Non riconosceva l’oggetto raffigurato nella foto 44 che non assomigliava alla bottiglia di proprietà del teste.
Laura ITOLLI, proprietaria della Vespa 150 tg GE 253692 di color sabbia escussa all’udienza del 2 novembre 2004, ricordava di aver subito il furto di tale veicolo nel pomeriggio del 20 luglio 2001.
Aveva parcheggiato la Vespa tra Via Pisa ed una strada vicina, non l’aveva chiusa per timore che nella confusione qualcuno gettasse a terra il veicolo e rompesse il bloccasterzo, intorno vi erano fumo e confusione.
Dopo aver lasciato la moto la teste era andata al bar di un amico in Via Montevideo, ove intendeva aiutare il proprietario a fare la guardia alle vetrine.
Non aveva portato la Vespa vicino al bar perché per farlo avrebbe dovuto attraversare Piazza Tommaseo dove si trovavano delle camionette della Polizia, dei manifestanti e gran confusione.
Prima di sera, quando si accorse che in Piazza Tommaseo non c’erano più le camionette della Polizia andò a riprendere la Vespa per portarla vicino al bar, però non la trovò dove l’aveva lasciata, si voltò e la vide transitare in Via Pozzo con direzione verso Piazza Tommaseo.
La sua Vespa aveva un sacchetto della COOP nel portapacchi, quella che vide in quel momento era dello stesso colore (sabbia) ed aveva un sacchetto della COOP nel portapacchi, dedusse così trattarsi della propria.
A quel punto la ITOLLI cercò di raggiungere il veicolo e gridava di fermarla, una persona le diede un passaggio in moto fino in Piazza Tommaseo, ma la teste perse di vista la Vespa e a piedi ritornò verso il bar di Via Montevideo.
Qui, a metà della via, vide nuovamente la propria Vespa ferma allo STOP e con due persone a bordo.
Si mise a correre, raggiunse la VESPA e disse agli occupanti di lasciargliela.
I due scesero tranquillamente, le chiesero scusa spiegandole che l’avevano presa solo per scappare ma che erano intenzionati a riportarla al suo posto, quindi le restituirono il veicolo, si trattava di due giovani maschi muniti di casco, forse uno bianco e l’altro rosso, non saprebbe dirne l’età.
Riavuta la Vespa la teste la portò davanti al bar tenendola d’occhio fino alla sera.
Il teste Marcellino NELIS, Ispettore del Nucleo Artificieri Liguria della Polizia di Stato escusso all’udienza del 2 novembre 2004, ricordava di aver provveduto personalmente in data 28 luglio 2001 alla distruzione del liquido contenuto nella bottiglia di plastica in sequestro.
Si trattava di una bottiglia consegnatagli dalla DIGOS, contenente un liquido di colore verde, che aveva odore e si presentava come benzina.
La distruzione era avvenuta in un contenitore di metallo con una miccia a combustione lenta, il liquido si era comportato come la benzina.
La bottiglia era di plastica, completamente rivestita di nastro da pacchi, era contenuta in un sacchetto di plastica e legata in modo tale che si dava fuoco e poi si lanciava.
Non era completamente sicuro che la foto in atti ritraesse la bottiglia alla quale faceva riferimento perché in quei giorni ne aveva distrutte parecchie.
A domande della difesa NELIS riferiva che la distruzione della bottiglia era avvenuta su richiesta di altri uffici, dietro autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria, però non ricordava se si trattasse di un’autorizzazione scritta o orale, né di averla vista.
La bottiglia era stata distrutta perché la Polizia non ha una struttura adeguata per conservare questo tipo di reperti, che devono definirsi come pericolosi a causa dei vapori rilasciati dalla benzina.
Il teste confermava la descrizione della bottiglia già messa per iscritto: lo stoppino di accensione era stato ricavato dai manici della busta di plastica avvolti su se stessi e tenuti insieme dal nastro adesivo per pacchi di colore marrone che avvolgeva la bottiglia.
Al momento di ricevere la bottiglia dalla DIGOS era presente proprio questo tipo di innesco, non ricordava se avesse anche il tappo.
La busta avrebbe consentito anche di far roteare la bottiglia e così di lanciarla meglio.
La bottiglia era incerottata con nastro da pacchi di tipo comune, era una bottiglia grande, da 1,5 o da 2 litri, non era cioè da ½ litro.
Il teste Maurizio FIORILLO, funzionario della Questura di Napoli escusso all’udienza dell’8 febbraio 2005, ricordava di aver avuto a disposizione quel 20 luglio 2001 un contingente del reparto Mobile di Milano con 50 Agenti, il teste si trovava alle dipendenze del Dr. GAGGIANO.
Nella tarda mattinata o nel primo pomeriggio GAGGIANO inviò il teste ed il suo contingente in una piazza dalla quale perveniva un’urgente richiesta di aiuto, un Agente infatti aveva rappresentato che da circa un’ora o un’ora e mezza era sottoposto ad attacco da parte di una massa enorme di manifestanti e che le Forze ivi presenti non avevano più materiale a disposizione.
FIORILLO ha avuto qualche difficoltà ad individuare subito il luogo nel quale si era andato a schierare, spiegava che si trattava di Via Caffa e che dietro le sue spalle vi era la Piazza dove morì Carlo GIULIANI ma riteneva di essersi posizionato in Via Caffa all’angolo con Via Tolemaide.
Solo dopo l’ulteriore racconto dei fatti (egli aveva assistito alla ritirata del contingente dei Carabinieri a seguito dei quali si era consumata la tragedia di Piazza Alimonda) e la visione di alcuni reperti (in particolare il reperto 112 foto DSC00082) riconosceva Piazza Tommaseo e di essersi in precedenza sbagliato.
Il teste con il suo contingente di Polizia si trovava su Via Caffa all’angolo con Piazza Tommaseo e non con Via Tolemaide.
Il particolare ha rilievo per la situazione di Piazza Tommaseo in un determinato momento.
Rispondendo ad un difensore che gli chiedeva se avesse notato il movimento dei Carabinieri in Via Caffa verso Via Tolemaide, FIORILLO spiegava di aver visto i Carabinieri non avanzare ma dapprima tenere la posizione e poi scappare.
Precisava però di non aver visto le fasi precedenti perché si trovava dall’altro lato, cioè verso Piazza Tommaseo, ed era anch’egli sotto attacco.
Infatti al momento di vedere la massa enorme di manifestanti che caricavano i Carabinieri posti dietro al contingente del teste, quest’ultimo si trovava a sua volta da circa un’ora esposto ad assalti da parte di manifestanti che lanciavano bombe Molotov ed altro.
Il contingente del teste era intervenuto in Via Caffa lato Piazza Tommaseo a sostituirne un altro sfinito per gli scontri ed era accompagnato da alcuni veicoli che si vedono ad esempio nel filmato reperto 218 [357] (immagini dal minuto 44.43).

51.2 La difesa ha introdotto relativamente alle fasi dell’arresto di AC e VA i testi DI BARI, MELAOUAH e SOSTARO, escussi all’udienza del 3 aprile 2007.
Monica DI BARI, di professione redattrice per conto di una casa editrice, partecipò alle manifestazioni anti G8 senza far parte di alcun partito politico od associazione.
Insieme ai due amici SOSTARO e MELAOUAH arrivò a Genova la sera del 19, trattenendosi poi fino al 21.
Il 20 i tre si trattennero nella piazza tematica di Piazza Dante fino alle 16.30, quindi si diressero verso Piazzale Kennedy, ampliarono il proprio giro e giunsero all’angolo di Via Nizza dove verso le 18 assistettero al fermo di due manifestanti.
Questi provenivano da Via Nizza a bordo di un motorino.
La teste ha spiegato di essersi accertata del nome della via dopo il fatto guardando il nome sulla segnaletica stradale.
I due ragazzi arrivarono all’angolo di via Nizza a bordo di una vespa scura, forse blu (che riconosceva probabilisticamente nelle foto in atti) e davanti alla caserma di Polizia il motorino venne fatto cadere da alcuni agenti presumibilmente in borghese.
La teste vide il motociclo arrivare e venire fatto cadere da alcuni agenti in borghese che usavano i manganelli.
Il motociclo era di fronte alla teste, le passava sul suo lato destro verso sinistra, in quel punto la strada è in salita.
La teste non ricordava se il motociclo stesse procedendo in salita o in discesa, però una volta giunto davanti alla caserma venne fatto cadere.
La teste riconosceva i luoghi nelle foto mostratele dal difensore [358], in seguito aveva guardato le targhe anche dell’edificio e compreso trattarsi di una caserma.
Nelle foto riconosceva l’entrata della caserma, via Nizza dove passava il motorino ed il luogo dove lei stessa si trovava sito dall’altro lato della strada rispetto a via Nizza e in posizione centrale di fronte all’ingresso della caserma.
Il motorino venne fatto cadere con l’uso di manganelli perché gli Agenti lo colpirono con i manganelli mentre ancora era in movimento.
Davanti alla caserma c’erano tra i cinque ed i sette agenti in borghese, uno o più avevano il casco.
In seguito era arrivata anche una persona in divisa.
Alla caduta del motoveicolo seguì quella dei due occupanti che vennero picchiati dagli agenti con i manganelli.
La teste non vide i due ragazzi con delle bottiglie in mano né li vide lanciare delle bottiglie.
Uno dei due venne trascinato per primo dentro la caserma.
La teste vide l’intervento di un agente in divisa che estrasse la pistola e la puntò contro uno dei due ragazzi malmenati e poi, a seguito di un grido da parte di uno dei presenti, puntò la pistola in alto.
Nel momento in cui venne puntata la pistola contro di lui il giovane si trovava sdraiato faccia a terra e poteva non vedere la pistola.
La teste non vide un atteggiamento aggressivo da parte dei due nei confronti delle persone che si trovavano davanti alla caserma.
Uno dei due giovani aveva una protezione, si trattava di una specie di rigonfiamento sul capo di abbigliamento.
La DI BARI si trovava a pochi metri dai fatti osservati, dai quali la separava solo la larghezza della strada.
L’episodio osservato si verificò a pochi metri dall’ingresso della caserma nel punto dove ora ci sono le strisce pedonali visibili nella foto prodotta dalla difesa.
Il portone della caserma era costituito da una porta a vetri attraverso la quale si poteva vedere l’interno.
Così la teste vide che uno dei ragazzi, dopo essere stato trascinato dentro, veniva colpito continuamente.
Il difensore mostrava il filmato reperto 143.50 ripreso dalla Polizia Scientifica che (da 47.29 a 48.18) [359] ritrae alcuni oggetti posti all’interno di un ufficio con l’indicazione di un orario di poco posteriore alle ore 18.
Uno degli oggetti ripresi è costituito da una bottiglia di plastica verde, di quelle usate per l’acqua minerale, non avvolta in nastro isolante.
La teste dichiarava che nell’episodio dell’arresto dei due giovani non aveva visto l’oggetto raffigurato nel video, nessuna delle persone che vi avevano preso parte, siano esse giovani o Poliziotti aveva in mano una bottiglia di plastica.
L’episodio durò pochi minuti e avvenne verso le 18.
La teste Selima MELAOUAH era arrivata a Genova insieme agli amici DI BARI e SOSTARO e con loro verso le 18 del 20 luglio si trovava all’angolo di Via Nizza, come accertato in seguito dopo aver guardato la segnaletica stradale.
Erano lì per caso e stavano decidendo di tornare a Piazzale Kennedy quando assistettero all’arresto dei due ragazzi in motorino.
Questi procedevano sulla Vespa scura raffigurata nelle foto 1 e 2 che la teste riconosceva.
I due giovani occupanti portavano il casco da motociclista, scendevano da Via Nizza e passarono davanti alla caserma.
La teste si trovava dall’altra parte della strada, molto vicino all’episodio e riconosceva i luoghi nelle foto 3 e 4 mostratele dalla difesa.
Lei ed i suoi amici si trovavano in un punto in cui vedevano la caserma dalla stessa angolazione ritratta nelle fotografie, cioè di fronte.
Davanti alla caserma c’erano dei Poliziotti in borghese, uno solo era in divisa, erano lì in piedi.
Quando arrivò il motorino uno dei Poliziotti con un colpo di manganello fece cadere i due ragazzi dalla Vespa in movimento.
La teste non vide né sentì intimare l’alt, nel momento dell’impatto la teste stava guardando.
I due ragazzi sono stati fatti cadere dal motorino, i Poliziotti si sono avvicinati e gettati su di loro, uno è stato subito immobilizzato, l’altro ha tentato di divincolarsi, per cui si sono gettati su di lui con maggiore foga, immobilizzandolo a terra e picchiandolo con i manganelli.
La teste non vide nulla in mano ai ragazzi del motorino.
Prima dell’impatto la teste non vide i due ragazzi compiere qualche azione, il conducente guidava e basta.
Uno dei due venne bloccato a terra e picchiato dai poliziotti, ad un certo punto l’Agente in divisa estrasse la pistola e gliela puntò addosso.
Il ragazzo era a faccia in giù.
A quel punto uno del gruppo della teste lanciò un urlo per lo spavento e il Poliziotto alzò la pistola in aria e li guardò.
Quindi gli agenti presero il ragazzo a terra e lo portarono dentro la caserma.
Le porte erano a vetri e la teste intravide che continuavano a picchiarlo con dei manganelli.
I due giovani non ebbero atti aggressivi, cercavano solo di divincolarsi e di scappare.
Uno dei due aveva una specie di protezione scura addosso
Il difensore mostrava il filmato reperto 143.50 ripreso dalla Polizia Scientifica che (da 47.29 a 48.18) ritrae alcuni oggetti all’interno di un ufficio in un orario di poco successivo alle ore 18..
La teste riconosceva che l’oggetto del video era una bottiglia di plastica piena di liquido, ma spiegava che durante l’episodio dell’arresto non lo aveva visto.
Richiesta dal P.M. la teste spiegava che i Poliziotti si trovavano sotto la salita posta davanti all’ingresso della caserma.
Quando il motorino arrivò non procedeva a velocità sostenuta, non si fermò, i Poliziotti colpirono non sa dire con precisione se il motociclo o i suoi occupanti, colpirono con un manganello e li fecero cadere.
In quel momento i ragazzi arrivavano da via Nizza e stavano andando diritto.
La teste ed i suoi amici si trovavano ad una distanza dall’episodio del fermo pari alla larghezza della strada.
Non era molto che si trovavano lì, forse 10 o 15 minuti, si erano fermati per fare il punto e capire dove andare evitando gli incidenti.
Prima dell’episodio dell’arresto la teste non aveva notato visto quel motorino o comunque non ci aveva fatto minimamente caso.
La situazione intorno in quel momento era tranquilla, cioè durante il tempo in cui la teste rimase in quella posizione non vi erano incidenti.
In quel luogo non aveva notato neppure particolari oggetti rotti o bruciati.
In quei giorni aveva visto tante cose rotte e bruciate ma in quel momento non le sembra ci fosse nulla di particolare o almeno non ci fece caso nei particolari.
Oltre alla teste ed ai suoi due amici non vi era molta gente intorno.
La teste intravide arrivare il motociclo mentre stava parlando con gli altri, non lo vide arrivare da lontano ne intravide la traiettoria.
Lo notò qualche metro prima, un pezzetto di strada prima del contatto con i Poliziotti, lo vide cioè quando il veicolo entrò nella traiettoria del suo sguardo.
Vide il motorino percorrere qualche metro e poi venir fatto cadere.
Lei e gli amici erano abbastanza voltati verso quella direzione, poi intravide il motorino arrivare e poi guardò con maggiore attenzione quando sentì il rumore e vide cadere il motorino.
Fino al momento della caduta la sua attenzione era meno vigile, però vide il motorino arrivare e lo vide mentre veniva fatto cadere.
Quindi tutti e tre si erano focalizzati a fissare.
Vide i Poliziotti avvicinarsi al motorino mentre questo passava abbastanza vicino, gli Agenti erano lì davanti, in piedi vicino alle strisce pedonali, la teste li aveva già notati da un po’.
I Poliziotti fecero pochi metri, forse due o tre metri, si mossero velocemente, li vide come gettarsi contro il motorino per fermarlo.
Quindi ricordava uno o forse più Poliziotti che colpivano con un manganello il motorino.
La teste e i suoi amici rimasero fermi nel punto in cui si trovavano durante la scena, erano spaventati e stupiti, la scena durò pochi minuti.
La teste si trovava davanti alla porta della caserma, si trattava di una porta abbastanza grande, probabilmente a due ante.
Le sembrava una porta pedonale, era tutta più o meno a vetri attraverso i quali si vedevano le ombre, le figure, chiaramente le sagome anche dalla distanza alla quale si trovavano la teste ed i suoi amici.
Federico SOSTARO si trovava insieme alle due amiche DI BARI e MELAOUAH davanti alla caserma della Polizia Stradale verso le 18 del 20 luglio.
Dopo il fatto i tre ne avevano parlato e deciso di fissare ora e luogo dello stesso anche guardando la targa della via.
In quel momento i tre erano fermi e parlavano tra di loro, probabilmente c’erano anche delle altre persone.
Il teste ricordava una Vespa che percorreva via Nizza scendendo, il veicolo arrivava alle spalle del teste e lui la vide passare alla propria destra.
Sulla vespa c’erano due persone che non facevano niente di particolare.
Il teste stava parlando e non vide subito, poi dedicò particolare attenzione e vide che improvvisamente i due erano caduti a terra.
Egli sentì il rumore e poi vide i due a terra, caddero in prossimità del centro della carreggiata.
Lì vicino c’era una stazione di Polizia, posta in salita rispetto al punto di caduta della Vespa, nella direzione di marcia della Vespa la caserma era sulla destra.
SOSTARO sentì un rumore e vide i ragazzi e la Vespa che cadevano.
Di fronte all’edificio c’erano delle persone, circa quattro o cinque, erano in borghese, una sola era in divisa da Poliziotto.
Uno dei due ragazzi venne subito immobilizzato, l’altro si divincolò.
Le persone davanti alla caserma fermarono i due ragazzi, ma il teste non vide come ciò avvenne.
Una volta che i due si trovavano a terra uno venne fermato subito, l’altro cercò di divincolarsi, venne fermato e buttato a terra.
Il teste non vide come i due erano stati fermati, poi però vide che gli saltavano subito addosso usando maniere molto forti, uno dei ragazzi a terra si divincolò, l’altro non ebbe il tempo di far niente.
La persona in divisa estrasse la pistola puntandola contro il ragazzo immobilizzato a terra.
Il teste si spaventò perché gli sembrava una reazione non adeguata alla situazione, intorno non c’era alcuna situazione di pericolo.
SOSTARO non vide oggetti detenuti dai due ragazzi, né vide oggetti o bottiglie a terra.
Il primo ragazzo venne subito portato dentro, il secondo venne portato poco dopo.
Il teste precisava di essersi trovato ad una distanza rappresentata dalla carreggiata, quindi pochi metri, le persone in borghese e quella in divisa si trovavano sulla strada alla fine della discesa davanti alla caserma.
Nelle foto 3 e 4 prodotte dalla difesa il teste ha riconosciuto la caserma e indicato che i due con il motorino provenivano dalla destra della foto 3 e si trovavano in discesa.
Il luogo dove è accaduto l’episodio è dove c’è il palo tra la Punto, le strisce pedonali ed i panettoni.
I tre testimoni si trovavano nel punto da cui è stata scattata la foto.
Il teste stava parlando, non vide la Vespa arrivare da lontano, almeno non lo ricorda, vide solo l’impatto.
Stava parlando e vide la Vespa arrivare, poi stava parlando.
Egli si trovava di lato, li vide arrivare così e poi li vide cadere, si girò e vide ciò che accadeva.
Vide poi il momento in cui i giovani venivano portati in caserma, ciò avvenne in due momenti successivi.
All’interno della caserma contro i due vennero usati i manganelli, il teste udiva i rumori e le urla.
Durante l’episodio di fronte alla caserma il teste non assistette ad episodi di violenza o ad atti aggressivi da parte dei due ragazzi.
Egli non ricordava esattamente come i due erano stati portati dentro la caserma, se insieme o separatamente.
Si ricordava che entrarono, vedeva i gesti.
Non ricordava se i Poliziotti erano in divisa o in borghese, agitavano la mano come se avessero un oggetto contundente, un manganello in mano e lo davano sui ragazzi.
Questo lo vedeva nell’atrio della caserma perché la porta aveva un vetro e si poteva vedere: durò pochissimo.
Questa scena avveniva in prossimità dell’entrata, oltre la porta a vetri, egli vedeva una mano che colpiva anche se non vide la figura del manganello, vide colpire.
Non vide le persone colpite, ma li avevano appena portati dentro, presume quindi che fossero i due ragazzi ad essere colpiti.

51.3 Le immagini.
In atti è stato acquisito uno spezzone del filmato reperto 143.50 che riprende i due imputati mentre percorrono Via Pozzo su di una Vespa color chiaro [360].
Si tratta della Vespa sottratta a ITOLLI Laura, anche se la teste non si è espressa sul punto con sicurezza perché non riusciva a leggerne la targa.
Peraltro la targa che si può leggere nella foto 42, tratta da questo reperto, è proprio GE 253692, cioè quella del veicolo della ITOLLI.
Questo spezzone ritrae i due imputati mentre percorrono Via Pozzo in una direzione e poi invertono la marcia, si vede il passeggero che tiene nella mano sinistra un sasso piatto ed una sbarra di metallo, quindi lancia il sasso in direzione della sottostante Piazza Tommaseo.
Il reperto è stato girato dalla Polizia Scientifica e riporta la data del 20 luglio e in questa fase l’ora delle 17.37.23.
La difesa ha sostenuto la sostanziale correttezza di questo orario dato che precedenti immagini del medesimo reperto avrebbero riportato orari confermati da altre fonti.
Un secondo spezzone del reperto 143.50 (da 47.29 a 48.18) mostrato in aula ai testi della difesa mostra, alle ore 18.08, alcuni oggetti posti all’interno di un ufficio, tra i quali si trova una bottiglia di plastica verde, di quelle usate per l’acqua minerale, che non pare avvolta in nastro isolante.
Questo spezzone di filmato peraltro non risulta prodotto in atti.
Il filmato reperto 192.20 [361] ritrae immagini del portone della caserma di Via Saluzzo, porta a vetri attraverso i quali si può vedere la parte immediatamente interna.
La foto n. 44 del DVD AC VA mostra la bottiglia sequestrata ai due imputati: si tratta di un oggetto a forma di bottiglia, completamente avvolto in nastro isolante marrone.

 

> > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > 1 | 2 | 3


[274] Si trova nell’allegato 5 delle produzioni del P.M.
[275] Si trovano nel DVD FA.
[276] Si trovano nel 5° DVD CM VV.
[277] Si trova nell’allegato 5 delle produzioni del P.M.
[278] Si trovano nel 5° DVD CM VV.
[279] Si trova nel 4° DVD CM VV.
[280] Si trovano nel 5° DVD CM VV.
[281] Si trova nel 5° DVD CM VV cartella “selezione ordinata” al n. 172.
[282] Ibidem al n. 173.
[283] Ibidem al n. 174.
[284] Ibidem al n. 176.
[285] Ibidem al n. 178.
[286] Ibidem al n. 179.
[287] Si trova nel DVD CM cartella “elenco di elezione ordinata con didascalie” al n. 181 delle produzioni P.M.
[288] Si trova nel 5° DVD CM VV cartella “selezione ordinata” al n. 180.
[289] Parte prima pulsante 4 da 00.28 a 01.43: si tratta di estratti dai reperti 25, 34.1, 195.06.
[290] Si trovano alle pagine 214 e 218 delle trascrizioni.
[291] Si trova nel 4° DVD CM VV al n. 37.
[292] Si trovano nel 5° DVD CM VV.
[293] Si trova nell’allegato 9 delle produzioni del P.M.
[294] Si trova a pag. 220 delle trascrizioni.
[295] Alle ore 15.05.05, cfr. pag. 221 delle trascrizioni.
[296] Si trova a pag. 224 delle trascrizioni.
[297] Si trova a pag. 225 delle trascrizioni.
[298] Si trova nell’allegato 9 delle produzioni del P.M.
[299] Si trova nel 4° DVD CM VV al n. 38.
[300] Si trovano nel 5° DVD CM VV.
[301] Si trova nelle produzioni della difesa all’udienza del 30/3/2007.
[302] Si trova nelle produzioni della difesa all’udienza del 30/3/2007, si tratta della medesima foto pubblicata in copertina dalla rivista Diario nel numero dedicato alle manifestazioni di Genova e prodotto dalla difesa al n. 41.
[303] Si trova nelle produzioni video della difesa all’udienza del 30/3/2007.
[304] La difesa ha prodotto, cfr. al n.22, la sentenza emessa dal Tribunale civile di Genova in data 30/1/2007, con la quale il Ministero dell’Interno è stato condannato al risarcimento dei danni subiti in questa occasione da SPACCINI Marina ad opera un Agente della Polizia di Stato.
[305] Reperti 192.17 e 164.099.
[306] Si trova a pag. 230 del volume II delle trascrizioni.
[307] Si trova a pag. 232 delle trascrizioni.
[308] Si trova a pag. 233 delle trascrizioni.
[309] Si trova nell’allegato 9 delle produzioni del P.M..
[310] Si trova nel 4° DVD CM VV.
[311] Si trovano nel 5° DVD CM VV.
[312] Si vedano la foto reperto 70F_G8GENOVA-42G, la foto reperto 186_1_0193 e la foto reperto 104 rullo F 002 tutte nell’allegato 9 delle produzioni del P.M.
[313] Si trova nel 5° DVD CM VV.
[314] Si trovano nel 5° DVD.
[315] Si trova 5° DVD CM VV.
[316] Ibidem.
[317] Si trova a pag. 237 del volume II delle trascrizioni.
[318] Si trova nel 5° DVD CM VV.
[319] Si trovano nel 5° DVD CM VV.
[320] Si trova a pag. 244 del volume II delle trascrizioni.
[321] Si trova a pag. 255 delle trascrizioni.
[322] Si trova a pag. 275 delle trascrizioni.
[323] Si trova nelle produzioni della difesa all’udienza del 12/10/2004.
[324] Vedi paragrafo 47 e le telefonate al 113 ivi citate.
[325] Si trova nel 5° DVD CM VV.
[326] Si trovano nel 5° DVD CM VV.
[327] Si trova nel 5° DVD CM VV.
[328] Si trova nel 5° DVD CM VV cartella “selezione ordinata” al n. 053.
[329] Si trova nel 5° DVD CM VV.
[330] Si trovano nel 5° DVD CM VV.
[331] Si veda come riferimento per la figura e l’abbigliamento di VV la foto reperto 70H OGGRZ14T, contenuta nel 5° DVD CM VV cartella “selezione ordinata” al n. 147: l’imputato indossa pantaloni verdi con le tasche laterali, una felpa nera, una maglietta bianca sotto la felpa e le scarpe chiare.
[332] Si trova nel 5° DVD CM VV.
[333] Particolare questo già notato nelle immagini della telecamera del traffico SAVONAROLA, reperto 57A clip 68 alle ore 11.54.18.
[334] si trovano nel 5° DVD CM VV.
[335] Si tratta del reperto 163 foto 01.
[336] Con questi estremi vi sono in atti due diverse fotografie, entrambe ritraggono VV nel medesimo contesto e vicino alla medesima persona. Quella descritta nel testo si trova nell’allegato 9 delle produzioni del P.M., la seconda immagine si trova nel 5° DVD CM VV cartella “selezione ordinata” al n. 205.
[337] Si trova a pag. 268 del volume II delle trascrizioni.
[338] Si trovano nell’allegato 9 delle produzioni del P.M.
[339] Si trova anche nel 5° DVD CM VV cartella “selezione ordinata” al n. 155.
[340] Si trova nel DVD UD MI cartella “foto” sottocartella “fotografie”.
[341] Si trova a pag. 290 del volume II delle trascrizioni.
[342] I danni a questa come alle altre agenzie della CARIGE sono stati riferiti dal teste BERNESCHI e sono meglio descritti nelle produzioni del P.M. al n.24.
[343] L’incendio della banca viene documentato dal reperto 151.29 nel 2° DVD della Polizia Municipale filmato n. 3 da 02.31 a 02.53.
[344] Sui danni ha riferito il teste SACCHI all’udienza del 18/5/2004: l’Agenzia riportò la rottura della vetrata laterale costituita da vetro antisfondamento, lo sfondamento del video bancomat e la rottura dell’insegna.
[345] Si trovano alle pagine 304 e 307 del volume II delle trascrizioni.
[346] Si trovano nell’allegato 9 delle produzioni del P.M.
[347] Si trova nel 2°DVD Polizia Municipale pulsante 2 da 25.05 a 27.38, l’intero reperto si trova nell’allegato 5 delle produzioni del P.M.
[348] Si trova nel 2°DVD Polizia Municipale pulsante 3 da 02.53 a 04.41.
[349] Si trovano nel 2° DVD della Polizia Municipale pulsante 3 da 04.41 a 09.05.
[350] Si trovano nel DVD UD MI cartella “selezione ordinata” ai n. 088 e 089.
[351] Si tratta del reperto 151-3 nel DVD AC VA.
[352] Si tratta delle foto da 45 a 51 del DVD AC VA cartella “selezione ordinata”.
[353] DVD AC VA cartella “selezione ordinata”.
[354] Si tratta della foto 3 prodotta dalla difesa all’udienza del 26/10/2004.
[355] Si tratta della foto n. 6 del DVD AC VA cartella “sequestro AC”.
[356] Foto da 44 a 51cartella “selezione ordinata”.
[357] Si trova nell’allegato 5 delle produzioni del P.M.
[358] Si tratta delle produzioni effettuate dalla difesa all’udienza del 3/4/2007.
[359] Si tratta di parte di reperto mostrata in aula ma non prodotta.
[360] Si trova nel DVD AC VA sia come filmato sia come singoli frame.
[361]Prodotto dal P.M. all’udienza del 9/11/2004 durante l’esame del teste FALCONETTI.